<center>PATOLOGIE</center>
COMMISSIONE MALATTIE DEL SANGUE
Questa commissione è presieduta dal prof. George Lubas, diplomato dell’European College of Veterinary Internal Medicine (specialità Medicina Interna), afferente al Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa, ed i membri sono: il Dr. Marco Caldin, libero professionista, nonché professore a contratto presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Padova ed il Prof. Enzo Righi, Medico Ricercatore, Ematologo, nonché professore a contratto presso l’Università di Padova.
Questa commissione si occupa principalmente del controllo di due importanti disordini dell’emostasi del cane: l’Emofilia A ed il Morbo di von Willebrand. Infatti, l’interesse verso altre patologie ereditarie nell’ambito ematologico, tra cui ad es. la deficienza di Piruvato Chinasi negli eritrociti, la deficienza di Adesione nei Leucociti o la Tromboastenia, potrà essere di volta in volta presa in considerazione su opportune segnalazioni di colleghi medici veterinari od allevatori.
Queste diatesi emorragiche (Emofilia A e morbo di von Willebrand) sono patologie ereditarie di origine monofattoriale, che da tempo sono oggetto di indagine e di appropriata selezione intesa a ridurne la prevalenza, in diverse nazioni e per certe particolari razze che risultano esserne più colpite (Pastore Tedesco, Dobermann, Setter, ecc.).
EMOFILIA A
Questo disturbo dell’emostasi è legato ad un gene recessivo in cui avviene una mutazione genica, posto sul cromosoma X, che determina la deficienza del fattore VIII (FVIII:C), uno degli elementi chiave nella fase plasmatica della coagulazione. In genere le femmine fungono da portatrici, mentre i maschi manifestano la malattia con vari gradi di gravità. La patologia è stata segnalata in quasi tutte le razze canine, tra cui Setter Irlandese, Pastore Tedesco, Collie, Labrador, Beagle, Pastore dello Shetland, Greyhounds, Weimaraner, Chihuaua, Vizla, Bulldog Inglese, Barboncino nano, Schnauzer, San Bernardo, ma è stata documentata una particolare prevalenza nel Pastore Tedesco.
La sintomatologia clinica dipende dalla entità del disturbo funzionale del FVIII:C e si suddivide in tre forme: grave con attività del FVIII:C inferiore all’1%, moderata tra 1 e 10% ed infine lieve tra 10 e 25-30%. I soggetti gravemente malati in genere nascono morti o muoiono nei primi giorni di vita. Nei cuccioli che sopravvivono per qualche mese si possono osservare prolungati sanguinamenti anche dopo traumi lievi o dopo interventi di piccola chirurgia, la formazione di ematomi e di versamenti intrarticolari “spontanei” e/o endocavitari spesso mortali. Nella forma moderata osserviamo gravi sanguinamenti solo dopo traumi di una certa entità (ad es. cambio dentizione), ed inoltre emartri e sanguinamenti spontanei occasionali. Nella forma lieve può succedere che alcuni cani maschi malati vivano l’intera esistenza senza che la malattia si manifesti in modo conclamato. La forma lieve e talvolta la forma intermedia non diagnosticata possono provocare una ulteriore diffusione della malattia nella popolazione canina tramite la riproduzione.
Il sospetto diagnostico può essere avanzato quando il Tempo di Tromboplastina Parziale attivata (aPTT) risulterà allungato, mentre il Tempo di Protrombina (PT) risulterà normale. La certezza diagnostica si ha solamente con la misurazione dell’attività del Fattore VIII:C, impiegando plasma carente per tale fattore. Un animale sano presenterà valori di FVIII:C compresi tra il 60% ed il 140%. Per convalidare lo status di portatrice, nella femmina, è opportuno quantificare anche il FvW e determinare il rapporto tra FVIII:C/FvW, che deve essere inferiore a 0,6.
A causa della instabilità del FVIII:C alla conservazione è necessario che il prelievo venga effettuato con rigorosa procedura standard tipica per le prove dell’emostasi, la preparazione del plasma citrato avvenga in tempi rapidi, l’eventuale conservazione avvenga in modo da mantenere il campione congelato ed altrettanto solertemente siano eseguite le analisi. Si suggerisce pertanto di prendere contatto con la FSA ed i membri di questa Commissione per i suggerimenti su quali laboratori siano in grado di processare i campioni così preparati, al fine di non incorrere in artefatti o risultati inattendibili, che non risulterebbero interpretabili.
L’eradicazione dall’allevamento della patologia richiede l’identificazione dei cani sospetti sulla base dell’esame clinico, ma soprattutto delle indagini di laboratorio e la conseguente esclusione dei soggetti malati e portatori dal programma riproduttivo. In particolare l’identificazione delle femmine portatrici asintomatiche è elemento fondamentale nella lotta contro questa malattia.
MORBO DI VON WILLEBRAND
È considerato il disordine dell’emostasi di più frequente riscontro nel cane ed è stato osservato in numerose razze (vedi Tab. 1).
La malattia è causata da una mancanza o da un basso livello ematico del fattore di von Willebrand (FvW), una complessa glicoproteina ad alto peso molecolare costituita da centinaia di unità legate tra di loro con ponti disolfuro. Il FvW insieme alla proteina ad attività procoagulante (FVIII:C), entra a far parte del complesso Fattore VIII. Il FvW è in grado di determinare l’adesione delle piastrine alle strutture subendoteliali. Questo fattore viene prodotto soprattutto dalle cellule endoteliali dei vasi.
I soggetti affetti dalla malattia di von Willebrand (vW) hanno spesso livelli ridotti sia di FvW che di FVIII:C, mentre i cani ammalati di Emofilia A hanno un basso livello di FVIII:C, con FvW in genere normale. La malattia di FvW può essere classificata in 3 tipi in rapporto alla carenza dei costituenti la molecola (multimeri):
1. carenza di multimeri generalizzata
2. carenza di multimeri ad alto peso molecolare
3. mancanza assoluta di FvW
La malattia è ereditata con due differenti modalità. La prima è legata ad un carattere autosomico recessivo ed è stata rilevata in due razze: il Terrier Scozzese ed il Chesapeake Bay Retriever. In queste razze solo i soggetti omozigoti manifestano la malattia, mentre gli eterozigoti sono portatori. La seconda forma è trasmessa come carattere autosomico dominante incompleto, per cui gli animali con il gene anormale possono sia manifestare la malattia che risultare clinicamente asintomatici a seconda della penetranza e della espressività del gene.
Gli animali affetti hanno una tendenza al sanguinamento prolungato che viene spesso scoperta in seguito ad un intervento chirurgico (nei cuccioli per es. durante il taglio della coda o delle orecchie) o in occasione di ferite o traumi accidentali. Inoltre può essere presente il sanguinamento delle mucose, per cui è possibile osservare perdite ematiche dal naso (epistassi), con le urine (ematuria) e con le feci (melena). Quando la malattia si presenta in forma grave è possibile una elevata mortalità prenatale o neonatale. A causa della ampia variabilità genetica di questa patologia è notevole il polimorfismo sintomatologico che va dal grave sanguinamento, talora fatale, ad una condizione clinica completamente silente.
Il sospetto diagnostico può essere avanzato dall’incidenza nella razza, dall’età dell’animale e dalla sintomatologia. Una prima fase diagnostica prevede l’esecuzione di esami di laboratorio aspecifici quali il TE (Tempo di Emorragia) e l’aPTT che risultano allungati, mentre il PT (Tempo di Protrombina) ed il Fibrinogeno risultano di regola normali. La diagnosi certa può essere formulata solo misurando la quantità di FvW presente nel plasma tramite una tecnica ELISA con anticorpi specifici per il cane ovvero cross reagenti impiegati in medicina umana. Gli animali che hanno valori del 50-60% sono considerati sospetti per cui è consigliabile ripetere il test, mentre gli altri con valori sotto il 40% invece sono sicuramente malati. È possibile una interpretazione eugenetica degli esami di laboratorio a seconda dei livelli di FvW e del TE (vedi Tab. 2). I campioni di plasma citrato per il dosaggio immunoenzimatico del FvW sono piuttosto stabili nel tempo e quindi la conservazione e la spedizione ai laboratori attrezzati è semplificata. Anche in questo caso si consiglia di contattare la FSA ed i membri della Commissione per le indicazioni più appropriate per l’effettuazione delle analisi.
Oggi questa malattia può essere identificata anche attraverso l’analisi del DNA. Tale possibilità esiste solo però per alcune razze ove sono stati identificati con approfonditi studi la variabilità intrinseca del gene von Willebrand. Infatti la tecnologia con DNA è applicabile nei soggetti di razza Scottish Terrier, Dobermann Pinscher, Pastori dello Shetland, Manchester Terrier, Barboncino e Pembroke Welsh Corgi. In questo caso risulta più facile, rispetto al dosaggio della proteina FvW, la caratterizzazione dei soggetti malati ed ancora di più dei soggetti portatori del difetto, facilitando la selezione contro questo carattere. Attualmente solo pochi laboratori al mondo sono in grado di effettuare questo tipo di analisi. Pertanto si suggerisce di prendere contatto con la FSA e con i membri di questa Commissione per l’effettuazione di questo tipo di analisi.