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Fabry
19-07-05, 09:19 AM
Un rapporto della Royal Society.
L’anidride carbonica si scioglie nell’acqua
I gas serra avvelenano gli oceani «Aumenta l’acidità, vita a rischio.
Il livello crescerà del 300% in questo secolo». I primi danni a plancton e coralli.

Gli oceani come l’aceto: acidi e urticanti, non solo per la nostra pelle, ma soprattutto per le piante e per gli animali che ci vivono. E’ questa la sorte riservata al «Pianeta Acqua» se continuerà l’impennata delle concentrazioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. L’acidificazione degli oceani, infatti, è un effetto collaterale dell’aumento dei gas serra in atmosfera, un altro di quei grandi cambiamenti globali provocati dall’uomo che finora era stato preso sottogamba.

ROYAL SOCIETY — Il rischio dei mari acidificati è esposto con ricchezza di dati e osservazioni sperimentali in un rapporto di oltre sessanta pagine pubblicato nei giorni scorsi dalla Royal Society di Londra, l’accademia scientifica del Regno Unito che promuove, come recita il suo statuto, «ricerche scientifiche di eccellenza».Mail protagonista degli studi che hanno portato all’evidenza l’acidificazione è un climatologo americano, il professor Ken Caldeira del Lawrence Livermore Laboratory (California), già da qualche anno impegnato a esporre i poco rassicuranti risultati dei suoi studi sulle maggiori riviste scientifiche internazionali. «Dall’età preindustriale, cioè da circa il 1750 fino a oggi, l’acidità degli oceani è cresciuta del 30%—riassumono Caldeira e i suoi collaboratori nell’introduzione al Rapporto —. Nel 2100, in assenza di riduzioni delle emissioni di CO2, l’acidificazione sarà cresciuta del 300%». Un livello tanto alto, assicurano gli studiosi, gli oceani non lo sperimentavano da centinaia di migliaia di anni. Il cambiamento è così drastico da mettere in serio pericolo la vita e gli ecosistemi marini.

SCALA ACIDA — «Per capire il significato e la portata del fenomeno — spiega il fisico Vincenzo Ferrara dell’Enea, che segue con assiduità le ricerche sui cambiamenti climatici —, bisogna ricordare che il livello di acidità indica la quantità di ioni idrogeno contenuti in una soluzione e che si misura con la scala del pH, da 1 a 14. A metà, cioè a 7, si collocano le soluzioni neutre. Da 6 a 1 quelle via via più acide, da 8 a 14 quelle alcaline o basiche. Per fare un esempio, le acque minerali sono prossime ai valori neutri. Birra, vino, aceto e limonata sono via via più acidi. Latte, sangue, bianco d’uovo, acqua e bicarbonato (classico antiacido) sono via via più alcalini».

ASSORBIMENTO — Il meccanismo che sta portando gli oceani della Terra alla progressiva acidità è paradossalmente dovuto a una loro benefica azione di assorbimento della CO2. Proprio così, gli oceani ci danno una mano e inghiottono circa il 25 per cento della CO2 emessa dagli scarichi di automobili e dalle ciminiere. L’altro 25 per cento è assorbito dalle piante terrestri. Infine il restante 50 per cento si accumula nell’atmosfera e accresce l’effetto serra. Si calcola che dal 1800 al 1994 gli oceani abbiano incamerato 440 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Negli ultimi anni il tasso annuo di assorbimento oceanico ha raggiunto 7 miliardi di tonnellate di CO2.

GUSCI, SCHELETRI E ROCCE — In quel grande laboratorio fisico-chimico che è l’oceano, la CO2 atmosferica si scioglie in acqua. In parte viene metabolizzata dal plancton e dagli altri esseri viventi dei mari, che la trasformano prima in materia organica e poi in materia inorganica: gusci, scheletri, sedimenti. In parte precipita sul fondo sotto forma di roccia carbonatica. «Circa un terzo, però, si trasforma in acido carbonico — spiega Ferrara —, un acido debole ma capace di acidificare le acque marine e di disturbare i processi metabolici sia degli esseri viventi più piccoli come il plancton, sia di quelli più grandi come gli invertebrati e vertebrati».

ACCELERAZIONE — Quel che sta mettendo in seria difficoltà l’equilibrio dell’ecosistema marino è l’accelerazione del processo di acidificazione. «Dovuta al fatto che le concentrazioni di CO2 in atmosfera sembrano inarrestabili. Siamo passati da 280 parti per milione del 1800 a 380 attuali, con un tasso di crescita che tuttavia è passato da circa il 2 al 4% per decennio. Di conseguenza aumenta la CO2 che passa dall’atmosfera agli oceani e aumenta l’acidificazione».

ESTINZIONI — Se si realizzerà la previsione sviluppata da Caldeira e quindi l’aumento del 300% dell’acidità entro il 2100, i primi a soccombere saranno i coralli tropicali e subtropicali i cui scheletri di carbonato di calcio saranno aggrediti dall’acido. Queste formazioni costituiscono una riserva di biodiversità, non è azzardato prevedere estinzioni di diverse specie. Ma anche le parti scheletriche del fitoplancton e dello zooplancton già mostrano malformazioni in conseguenza del mutato chimismo dei mari. A partire da questi primi anelli della catena alimentare marina, la crisi si propagherà agli esseri più evoluti.

LIMITE — «C’è però un limite al procedere dell’acidificazione oceanica — osserva Ferrara — . Col parallelo aumento delle temperature causato dall’effetto serra, la solubilità dellaCO2 nei mari diminuirà: gli oceani non ne vorranno più. L’eccesso si riverserà tutto nell’atmosfera. Farà ancora più caldo. Cosa succederà dopo è difficile da prevedere. In mancanza di certezze, la prevenzione è un obbligo morale: bisogna ridurre le emissioni finché si è in tempo».
Corriere della sera