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Visualizza Versione Completa : Chiarimento sui valori dell'acqua



thor_odt
25-10-05, 09:38 PM
Ciao a tutti
un grazie a chi vorrà rispondermi, il mio quesito è il seguente:
Si parla tanto di PH, GH, KH e conduttività
Ma qualcuno sa spiegarmi come questi valori influenzano la vita dei pesci ?
Cose come nitriti/nitrati sono abbastanza intuitivi, stessa cosa vale per la temperatuta, perchè anche noi esseri umani sappiamo perfettamente cosa di prova ad avere troppo caldo o freddo e a respirare aria tossica.
Ma cosa prova un pesce quando, per esempio, il PH è troppo alto o troppo basso ? (e lo stesso per la durezza dell'acqua )?
Ho capito l'importanza nel rispettare tali valori, ma qualcuno sa spiegare il motivo fisico per cui sono cosi importanti ?
Forse capire cosa può provare fisicamente un pesce in un'acqua non adatta, aiuterebbe tutti noi a rispettarli meglio ed a scegliere con più cura gli abbinamenti fra specie diverse.

piaractus
26-10-05, 11:13 AM
Diciamo che l'acqua che scorre dai nostri rubinetti non è adatta per la vita dei nostri pesci,poichè ricca di cloro (buon per noi ma non per gli organismi acquatici)

Va comunque trattata con biocondizionatori.

Il biocondizionatore,grazie alla presenza di sostanze come il sodio tiosolfato e "leganti" chimici come l'EDTA, elimina istantaneamente il cloro e "lega", rendendoli innocui per pesci e piante, eventuali metalli pesanti tossici (piombo, rame, zinco, cromo) ceduti all'acqua dalle condutture. Pur se "stagionata" o trattata con un biocondizionatore, l'acqua di rubinetto può non essere ancora adatta al nostro acquario. Nella maggioranza dei casi, infatti, essa sarà caratterizzata da un pH alcalino (7-8), una durezza elevata e un alto valore di conduttività dovuto ad una forte presenza di sali. Questi valori sono ben tollerati da alcuni pesci che in natura vivono in acque con caratteristiche non troppo diverse: è il caso ad esempio di molti Pecilidi (guppy, molly, platy, gambusia, ecc.), dei Ciclidi africani dei laghi Malawi e Tanganica, di numerosi pesci d'acqua salmastra (previa aggiunta di sali marini), del pesce rosso con le sue innumerevoli varietà e di pochi altri. Lo stesso vale per i pesci più comuni in commercio che, pur originari di acque con valori dissimili dalle nostre, sono riprodotti da svariate generazioni in cattività e mostrano quindi una grande capacità di adattamento. Molte specie però, pur vivendovi apparentemente bene e a lungo, non si riproducono nell'acqua di casa nostra. Quando se ne riesce ad ottenere l'accoppiamento, spesso le uova non si schiudono e vengono attaccate da funghi e muffe a causa soprattutto di pH e durezza troppo elevati. Quanto alle piante, eccetto poche specie "calcifile" (come quelle dei generi Elodea e Ceratophyllum), la maggioranza di esse mal tollera i valori eccessivi dell'acqua di rubinetto, cui reagisce con crescita stentata e scarsa risposta alla fertilizzazione.
Il cosiddetto pH
E' uno dei parametri ambientali più importanti per la vita acquatica. Esso esprime il rapporto tra gli ioni H+ (a reazione acida) e OH- (a reazione basica): più in generale, possiamo dire che misura la concentrazione degli ioni idrogeno nell'acqua (pH è l'abbreviazione del latino pondus
Hydrogenii, letteralmente "peso dell'idrogeno"). Il pH si misura su una scala di valori da 1 a 14: esattamente al centro della scala (7) esso si dice neutro, al di sopra basico o alcalino, al di sotto acido. Nelle acque dolci da cui provengono i nostri pesci da acquario il pH è compreso generalmente tra 5 e 8.1 valori più bassi si misurano nelle pozze di acqua piovana colonizzate dai "killi" annuali (Aphyosemion, Nothobranchius, Pterolebias, ecc.), nonché nei corsi d'acqua che ricevono un continuo apporto di fogliame e altri detriti vegetali acidificanti dalle foreste circostanti, come il grande fiume Rio Negro o gli innumerevoli torrenti che scorrono nelle foreste pluviali tropicali. I valori più alti (alcalini) si osservano in certi grandi laghi africani (Malawi, Tanganica) e nella maggioranza di fiumi e laghi di casa nostra, nonché nelle acque salmastre presso la foce dei fiumi. Il pH è strettamente correlato alla durezza carbonatica (°dKH), costituita da carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio: un KH elevato (oltre 4-5°) fa da "tampone basico" al pH, impedendo che scenda sotto la neutralità; viceversa, acque con KH basso (sotto 3°) hanno di solito un pH acido ma piuttosto instabile.
In un sistema "chiuso" e abbastanza instabile come l'acquario il pH può variare sensibilmente nel tempo. La presenza di materiale calcareo (ghiaia, rocce), ad esempio, può far aumentare sensibilmente il KH e con esso il pH in acqua dolce, mentre in vasche particolarmente ricche di piante l'attività fotosintetica può causare forti sbalzi di pH tra il giorno e la notte. Occorre dunque tenere costantemente sotto controllo il pH, le cui brusche variazioni possono causare seri danni ad animali e vegetali. Nei pesci, ad esempio, esso agisce sul sottile muco protettivo che ricopre corpo e branchie: sbalzi di pH danneggiano questo muco favorendo l'insediamento di parassiti o, a livello branchiale, causando forti difficoltà respiratorie. Un valore di pH alcalino (7,5 e oltre) danneggia invece le piante, riducendo la CO2 disponibile per la fotosintesi e ostacolando l'assimilazione osmotica di nutrienti dall'acqua.
Anche se non è richiesta una precisione da laboratorio, i misuratori di pH per l'acquario devono essere affidabili e ben collaudati: basti pensare che la differenza di un grado deve essere in realtà moltiplicata per dieci, vale a dire che un'acqua con pH 8 avrà una basicità dieci volte superiore a un pH neutro, rispetto al quale un pH 6 sarà dieci volte più acido! I più diffusi test per la misurazione del pH in acquario si basano sul viraggio di colore di un campione d'acqua prelevato dalla vasca cui si aggiunge uno specifico reagente liquido (gocce), in polvere o in compresse da sciogliere. Il campione trattato va poi confrontato su una scala colorimetrica: ad ogni colore corrisponde un determinato valore di pH. Tutta l'operazione è molto semplice e dura pochi minuti, perché sia sufficientemente precisa è necessario che sia effettuata subito dopo il prelievo del campione. Un po' meno precise ma ancor più semplici e rapide da usare sono le strisce di plastica a viraggio di colore, usa e getta, moderne eredi delle classiche cartine al tornasole: sono utili in caso di emergenza o per effettuare misurazioni in acquari particolarmente stabili e ben avviati, in cui le variazioni di pH siano davvero minime e ci si limiti dunque a verificare di tanto in tanto che tutto sia nella norma. Vi sono poi i misuratori elettronici di pH, portatili o fissi, sofisticati strumenti di costo elevato il cui utilizzo è giustificato in casi particolari: ad esempio, negli acquari con folta vegetazione e in cui si somministra regolarmente CO2, il cui flusso può in tal caso essere regolato da un pHmetro elettronico tramite un'elettrovalvola. In acquari appena avviati il pH va misurato frequentemente, anche più volte a settimana. In seguito è comunque opportuno misurarlo con regolarità, almeno una volta a settimana.


La durezza
E' uno dei parametri ambientali più importanti da misurare e tenere sotto controllo in acquario. In acquariofilia si misurano due tipi di durezza: la durezza totale (composta da solfati, carbonati e bicarbonati sia di calcio che di magnesio) e la durezza carbonatica o temporanea o parziale (determinata essenzialmente da carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio). La scala più diffusa tra gli acquariofili italiani è quella tedesca (che ha da molti anni soppiantato quella francese): la durezza totale tedesca si indica con dGH (deutsche Gesamt-Hàrte), mentre la durezza temporanea con dKH (deutsche Karbonat-Hàrte). Generalmente, in riferimento alla durezza totale l'acqua si classifica come:
• tenera, se inferiore ai 7°dGH;
• media, se compresa tra i 7 e i 14°dGH;
• dura, tra i 14 e i 21 °dGH;
• molto dura, se al di sopra dei 21° dGH.
I più diffusi test per la misurazione della durezza in acquario sono ancora oggi quelli a reagenti liquidi. Il loro funzionamento è molto semplice: con un'apposita provetta di plastica graduata si preleva un piccolo campione d'acqua dalla vasca da testare, quindi si versa goccia a goccia il reagente nella provetta, fino a quando il campione d'acqua prelevato assume una determinata colorazione. Il numero di gocce del reagente necessarie ad ottenere il viraggio di colore equivale alla durezza dell'acqua espressa in gradi tedeschi (es.: 8 gocce = 8°dGH o 8°dKH). Da alcuni anni sono apparsi in commercio anche i test a strisce colorimetriche, ancora più semplici da usare: basta immergere per pochi secondi in acqua l'estremità della striscia di plastica con il tamponcino reagente, quindi estrarla e attendere qualche minuto che il tamponcino viri di colore. La colorazione ottenuta va poi confrontata sull'apposita scala colorimetrica corrispondente ai diversi gradi di durezza. Rispetto ai test liquidi, quelli a strisce sono più rapidi e pratici, ma anche più cari visto che le strisce sono "usa e getta" e valide ognuna per una sola misurazione. Salvo diversa indicazione del produttore, entrambi i tipi di test sono impiegabili indifferentemente sia in acqua dolce che marina.
L'acqua delle nostre condutture domestiche ha, salvo qualche eccezione, una durezza da media ad alta, generalmente superiore a 7-8°dKH e 20°dGH. Si tratta di valori ben sopportati (se non graditi) da diversi pesci d'acqua dolce, come la maggioranza dei Pecilidi, i Ciclidi dei grandi laghi africani, le specie d'acqua salmastra, ecc. Eccetto poche specie dette "calcifile" (come quelle dei generi Elodea, Egeria e Ceratophillum), le piante da acquario non sopportano valori elevati di durezza, al pari del resto di molti pesci (Caracidi, Ciclidi sudamericani, ecc.) che, pur magari adattandosi a vivere in acque "dure", non vi si riproducono se non con estrema difficoltà e con notevoli perdite di uova e avannotti. Una durezza carbonatica sui 4-5°dKH e una totale intorno a 10°dGH sono valori ottimali per la maggioranza dei pesci e delle piante tropicali d'acqua dolce. Nelle vasche in cui si fa impiego di acqua decalcificata e demineralizzata per tenere su valori relativamente bassi pH e durezza, quest'ultima (sia la totale che la carbonatica) va misurata con regolarità, settimanalmente negli acquari da poco allestiti e un paio di volte al mese in quelli ben avviati. Soprattutto la durezza carbonatica assume una particolare importanza negli acquari d'acqua dolce, sia perché fa da "tampone" alle oscillazione del pH (è bene per questo che il suo valore non scenda sotto i 2-3°dKH), sia perché insieme al pH stesso determina il quantitativo di CO2 da erogare per mantenere questo gas su livelli ottimali per le piante.



Ammoniaca, nitriti e nitrati
In acquario i principali ceppi batterici deputati a svolgere alcuni stadi della trasformazione dell'azoto inorganico sono quello dei Nitrosomonas e quello dei Nitrobacter (batteri nitrificanti). Parlando di azoto inorganico ci si riferisce a molecole contenenti azoto, idrogeno, ossigeno o qualsiasi altro elemento della tavola periodica, ma non il carbonio, elemento che caratterizza invece le sostanze cosiddette organiche. L'azoto nell'acquario si trova sotto forma di ione ammonio (NH4+), ione nitrito (NO2-) e ione nitrato (NO3-). I batteri Nitrosomonas sono responsabili della trasformazione dell'ammonio in nitriti, mentre i secondi, i Nitrobacter, attaccano i nitriti trasformandoli in nitrati. L'ammonio, in una vasca avviata, viene introdotto soprattutto con le feci dei pesci e attraverso la decomposizione del materiale organico animale e vegetale. Lo ione ammonio, di per sé innocuo, diventa pericoloso per i pesci in condizioni di alcalinità (pH maggiore di 7), poiché in queste condizioni si "deprotona" trasformandosi in ammoniaca (NH4+ NH3+H+); da qui, l'importanza della completa trasformazione dell'ammonio in sostanze prevalentemente innocue: i nitrati. Ciò avviene solo in presenza di ossigeno molecolare e, se l'ossigeno disciolto in acqua diventa troppo poco, il processo di nitrificazione può bloccarsi. Nel primo stadio di trasformazione si formano i nitriti: questi, a differenza del loro precursore, sono tossici a tutti i valori di pH poiché, legandosi all'eme dell'emoglobina al posto dell'ossigeno, generano la metemoglobina provocando anossia nell'animale intossicato. Ecco spiegato perché, in caso di eccessivo tasso di nitriti, i pesci "boccheggiano" affannosamente in superficie. Un rimedio per ridurre la tossicità dei nitriti, in caso di emergenza, è quello di aggiungere del comune sale da cucina (NaCl) all'acqua, in quanto lo ione cloruro sposta il nitrito dall'eme dell'emoglobina, ripristinandone le normali funzioni di trasportatore di ossigeno. Anche il blu di metilene, grazie al suo potere antimetemoglobinemico, combatte questo tipo di intossicazione. Va sottolineato che, in un acquario ben funzionante, raramente accadrà che compaia un eccesso di nitriti senza che vi sia un grossolano malfunzionamento del filtro od una noncuranza da parte nostra, mentre è fisiologico che i test rivelino valori generalmente misurabili di nitrati. Nel secondo stadio, i nitrati prodotti sono invece poco tossici e, in vasche che non ospitino organismi particolarmente delicati, possono accumularsi temporaneamente in acqua fino a valori intorno ai 100 mg/l e più senza gravi conseguenze. Superato di molto tale limita inizia comunque a presentarsi qualche accenno di tossicità, e con-centrazioni nell'ordine dei centinaia di milligrammi per litro causano indebolimento, ulcerazioni e disfunzioni nella crescita e nel metabolismo. Inoltre, lo ione nitrato è molto legato al metabolismo delle alghe superiori e non, per cui, onde evitare problemi di eutrofizzazione, è meglio tenere la sua concentrazione sempre al di sotto dei 20 mg/l, grazie a regolari cambi d'acqua o all'ausilio di una folta e rigogliosa vegetazione, che ne consumerà discrete quantità per la crescita, abbinata ad un moderato popolamento ittico.








Buona lettura!

piaractus
26-10-05, 11:13 AM
Diciamo che l'acqua che scorre dai nostri rubinetti non è adatta per la vita dei nostri pesci,poichè ricca di cloro (buon per noi ma non per gli organismi acquatici)

Va comunque trattata con biocondizionatori.

Il biocondizionatore,grazie alla presenza di sostanze come il sodio tiosolfato e "leganti" chimici come l'EDTA, elimina istantaneamente il cloro e "lega", rendendoli innocui per pesci e piante, eventuali metalli pesanti tossici (piombo, rame, zinco, cromo) ceduti all'acqua dalle condutture. Pur se "stagionata" o trattata con un biocondizionatore, l'acqua di rubinetto può non essere ancora adatta al nostro acquario. Nella maggioranza dei casi, infatti, essa sarà caratterizzata da un pH alcalino (7-8), una durezza elevata e un alto valore di conduttività dovuto ad una forte presenza di sali. Questi valori sono ben tollerati da alcuni pesci che in natura vivono in acque con caratteristiche non troppo diverse: è il caso ad esempio di molti Pecilidi (guppy, molly, platy, gambusia, ecc.), dei Ciclidi africani dei laghi Malawi e Tanganica, di numerosi pesci d'acqua salmastra (previa aggiunta di sali marini), del pesce rosso con le sue innumerevoli varietà e di pochi altri. Lo stesso vale per i pesci più comuni in commercio che, pur originari di acque con valori dissimili dalle nostre, sono riprodotti da svariate generazioni in cattività e mostrano quindi una grande capacità di adattamento. Molte specie però, pur vivendovi apparentemente bene e a lungo, non si riproducono nell'acqua di casa nostra. Quando se ne riesce ad ottenere l'accoppiamento, spesso le uova non si schiudono e vengono attaccate da funghi e muffe a causa soprattutto di pH e durezza troppo elevati. Quanto alle piante, eccetto poche specie "calcifile" (come quelle dei generi Elodea e Ceratophyllum), la maggioranza di esse mal tollera i valori eccessivi dell'acqua di rubinetto, cui reagisce con crescita stentata e scarsa risposta alla fertilizzazione.
Il cosiddetto pH
E' uno dei parametri ambientali più importanti per la vita acquatica. Esso esprime il rapporto tra gli ioni H+ (a reazione acida) e OH- (a reazione basica): più in generale, possiamo dire che misura la concentrazione degli ioni idrogeno nell'acqua (pH è l'abbreviazione del latino pondus
Hydrogenii, letteralmente "peso dell'idrogeno"). Il pH si misura su una scala di valori da 1 a 14: esattamente al centro della scala (7) esso si dice neutro, al di sopra basico o alcalino, al di sotto acido. Nelle acque dolci da cui provengono i nostri pesci da acquario il pH è compreso generalmente tra 5 e 8.1 valori più bassi si misurano nelle pozze di acqua piovana colonizzate dai "killi" annuali (Aphyosemion, Nothobranchius, Pterolebias, ecc.), nonché nei corsi d'acqua che ricevono un continuo apporto di fogliame e altri detriti vegetali acidificanti dalle foreste circostanti, come il grande fiume Rio Negro o gli innumerevoli torrenti che scorrono nelle foreste pluviali tropicali. I valori più alti (alcalini) si osservano in certi grandi laghi africani (Malawi, Tanganica) e nella maggioranza di fiumi e laghi di casa nostra, nonché nelle acque salmastre presso la foce dei fiumi. Il pH è strettamente correlato alla durezza carbonatica (°dKH), costituita da carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio: un KH elevato (oltre 4-5°) fa da "tampone basico" al pH, impedendo che scenda sotto la neutralità; viceversa, acque con KH basso (sotto 3°) hanno di solito un pH acido ma piuttosto instabile.
In un sistema "chiuso" e abbastanza instabile come l'acquario il pH può variare sensibilmente nel tempo. La presenza di materiale calcareo (ghiaia, rocce), ad esempio, può far aumentare sensibilmente il KH e con esso il pH in acqua dolce, mentre in vasche particolarmente ricche di piante l'attività fotosintetica può causare forti sbalzi di pH tra il giorno e la notte. Occorre dunque tenere costantemente sotto controllo il pH, le cui brusche variazioni possono causare seri danni ad animali e vegetali. Nei pesci, ad esempio, esso agisce sul sottile muco protettivo che ricopre corpo e branchie: sbalzi di pH danneggiano questo muco favorendo l'insediamento di parassiti o, a livello branchiale, causando forti difficoltà respiratorie. Un valore di pH alcalino (7,5 e oltre) danneggia invece le piante, riducendo la CO2 disponibile per la fotosintesi e ostacolando l'assimilazione osmotica di nutrienti dall'acqua.
Anche se non è richiesta una precisione da laboratorio, i misuratori di pH per l'acquario devono essere affidabili e ben collaudati: basti pensare che la differenza di un grado deve essere in realtà moltiplicata per dieci, vale a dire che un'acqua con pH 8 avrà una basicità dieci volte superiore a un pH neutro, rispetto al quale un pH 6 sarà dieci volte più acido! I più diffusi test per la misurazione del pH in acquario si basano sul viraggio di colore di un campione d'acqua prelevato dalla vasca cui si aggiunge uno specifico reagente liquido (gocce), in polvere o in compresse da sciogliere. Il campione trattato va poi confrontato su una scala colorimetrica: ad ogni colore corrisponde un determinato valore di pH. Tutta l'operazione è molto semplice e dura pochi minuti, perché sia sufficientemente precisa è necessario che sia effettuata subito dopo il prelievo del campione. Un po' meno precise ma ancor più semplici e rapide da usare sono le strisce di plastica a viraggio di colore, usa e getta, moderne eredi delle classiche cartine al tornasole: sono utili in caso di emergenza o per effettuare misurazioni in acquari particolarmente stabili e ben avviati, in cui le variazioni di pH siano davvero minime e ci si limiti dunque a verificare di tanto in tanto che tutto sia nella norma. Vi sono poi i misuratori elettronici di pH, portatili o fissi, sofisticati strumenti di costo elevato il cui utilizzo è giustificato in casi particolari: ad esempio, negli acquari con folta vegetazione e in cui si somministra regolarmente CO2, il cui flusso può in tal caso essere regolato da un pHmetro elettronico tramite un'elettrovalvola. In acquari appena avviati il pH va misurato frequentemente, anche più volte a settimana. In seguito è comunque opportuno misurarlo con regolarità, almeno una volta a settimana.


La durezza
E' uno dei parametri ambientali più importanti da misurare e tenere sotto controllo in acquario. In acquariofilia si misurano due tipi di durezza: la durezza totale (composta da solfati, carbonati e bicarbonati sia di calcio che di magnesio) e la durezza carbonatica o temporanea o parziale (determinata essenzialmente da carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio). La scala più diffusa tra gli acquariofili italiani è quella tedesca (che ha da molti anni soppiantato quella francese): la durezza totale tedesca si indica con dGH (deutsche Gesamt-Hàrte), mentre la durezza temporanea con dKH (deutsche Karbonat-Hàrte). Generalmente, in riferimento alla durezza totale l'acqua si classifica come:
• tenera, se inferiore ai 7°dGH;
• media, se compresa tra i 7 e i 14°dGH;
• dura, tra i 14 e i 21 °dGH;
• molto dura, se al di sopra dei 21° dGH.
I più diffusi test per la misurazione della durezza in acquario sono ancora oggi quelli a reagenti liquidi. Il loro funzionamento è molto semplice: con un'apposita provetta di plastica graduata si preleva un piccolo campione d'acqua dalla vasca da testare, quindi si versa goccia a goccia il reagente nella provetta, fino a quando il campione d'acqua prelevato assume una determinata colorazione. Il numero di gocce del reagente necessarie ad ottenere il viraggio di colore equivale alla durezza dell'acqua espressa in gradi tedeschi (es.: 8 gocce = 8°dGH o 8°dKH). Da alcuni anni sono apparsi in commercio anche i test a strisce colorimetriche, ancora più semplici da usare: basta immergere per pochi secondi in acqua l'estremità della striscia di plastica con il tamponcino reagente, quindi estrarla e attendere qualche minuto che il tamponcino viri di colore. La colorazione ottenuta va poi confrontata sull'apposita scala colorimetrica corrispondente ai diversi gradi di durezza. Rispetto ai test liquidi, quelli a strisce sono più rapidi e pratici, ma anche più cari visto che le strisce sono "usa e getta" e valide ognuna per una sola misurazione. Salvo diversa indicazione del produttore, entrambi i tipi di test sono impiegabili indifferentemente sia in acqua dolce che marina.
L'acqua delle nostre condutture domestiche ha, salvo qualche eccezione, una durezza da media ad alta, generalmente superiore a 7-8°dKH e 20°dGH. Si tratta di valori ben sopportati (se non graditi) da diversi pesci d'acqua dolce, come la maggioranza dei Pecilidi, i Ciclidi dei grandi laghi africani, le specie d'acqua salmastra, ecc. Eccetto poche specie dette "calcifile" (come quelle dei generi Elodea, Egeria e Ceratophillum), le piante da acquario non sopportano valori elevati di durezza, al pari del resto di molti pesci (Caracidi, Ciclidi sudamericani, ecc.) che, pur magari adattandosi a vivere in acque "dure", non vi si riproducono se non con estrema difficoltà e con notevoli perdite di uova e avannotti. Una durezza carbonatica sui 4-5°dKH e una totale intorno a 10°dGH sono valori ottimali per la maggioranza dei pesci e delle piante tropicali d'acqua dolce. Nelle vasche in cui si fa impiego di acqua decalcificata e demineralizzata per tenere su valori relativamente bassi pH e durezza, quest'ultima (sia la totale che la carbonatica) va misurata con regolarità, settimanalmente negli acquari da poco allestiti e un paio di volte al mese in quelli ben avviati. Soprattutto la durezza carbonatica assume una particolare importanza negli acquari d'acqua dolce, sia perché fa da "tampone" alle oscillazione del pH (è bene per questo che il suo valore non scenda sotto i 2-3°dKH), sia perché insieme al pH stesso determina il quantitativo di CO2 da erogare per mantenere questo gas su livelli ottimali per le piante.



Ammoniaca, nitriti e nitrati
In acquario i principali ceppi batterici deputati a svolgere alcuni stadi della trasformazione dell'azoto inorganico sono quello dei Nitrosomonas e quello dei Nitrobacter (batteri nitrificanti). Parlando di azoto inorganico ci si riferisce a molecole contenenti azoto, idrogeno, ossigeno o qualsiasi altro elemento della tavola periodica, ma non il carbonio, elemento che caratterizza invece le sostanze cosiddette organiche. L'azoto nell'acquario si trova sotto forma di ione ammonio (NH4+), ione nitrito (NO2-) e ione nitrato (NO3-). I batteri Nitrosomonas sono responsabili della trasformazione dell'ammonio in nitriti, mentre i secondi, i Nitrobacter, attaccano i nitriti trasformandoli in nitrati. L'ammonio, in una vasca avviata, viene introdotto soprattutto con le feci dei pesci e attraverso la decomposizione del materiale organico animale e vegetale. Lo ione ammonio, di per sé innocuo, diventa pericoloso per i pesci in condizioni di alcalinità (pH maggiore di 7), poiché in queste condizioni si "deprotona" trasformandosi in ammoniaca (NH4+ NH3+H+); da qui, l'importanza della completa trasformazione dell'ammonio in sostanze prevalentemente innocue: i nitrati. Ciò avviene solo in presenza di ossigeno molecolare e, se l'ossigeno disciolto in acqua diventa troppo poco, il processo di nitrificazione può bloccarsi. Nel primo stadio di trasformazione si formano i nitriti: questi, a differenza del loro precursore, sono tossici a tutti i valori di pH poiché, legandosi all'eme dell'emoglobina al posto dell'ossigeno, generano la metemoglobina provocando anossia nell'animale intossicato. Ecco spiegato perché, in caso di eccessivo tasso di nitriti, i pesci "boccheggiano" affannosamente in superficie. Un rimedio per ridurre la tossicità dei nitriti, in caso di emergenza, è quello di aggiungere del comune sale da cucina (NaCl) all'acqua, in quanto lo ione cloruro sposta il nitrito dall'eme dell'emoglobina, ripristinandone le normali funzioni di trasportatore di ossigeno. Anche il blu di metilene, grazie al suo potere antimetemoglobinemico, combatte questo tipo di intossicazione. Va sottolineato che, in un acquario ben funzionante, raramente accadrà che compaia un eccesso di nitriti senza che vi sia un grossolano malfunzionamento del filtro od una noncuranza da parte nostra, mentre è fisiologico che i test rivelino valori generalmente misurabili di nitrati. Nel secondo stadio, i nitrati prodotti sono invece poco tossici e, in vasche che non ospitino organismi particolarmente delicati, possono accumularsi temporaneamente in acqua fino a valori intorno ai 100 mg/l e più senza gravi conseguenze. Superato di molto tale limita inizia comunque a presentarsi qualche accenno di tossicità, e con-centrazioni nell'ordine dei centinaia di milligrammi per litro causano indebolimento, ulcerazioni e disfunzioni nella crescita e nel metabolismo. Inoltre, lo ione nitrato è molto legato al metabolismo delle alghe superiori e non, per cui, onde evitare problemi di eutrofizzazione, è meglio tenere la sua concentrazione sempre al di sotto dei 20 mg/l, grazie a regolari cambi d'acqua o all'ausilio di una folta e rigogliosa vegetazione, che ne consumerà discrete quantità per la crescita, abbinata ad un moderato popolamento ittico.








Buona lettura!

thor_odt
26-10-05, 10:42 PM
Grazie mille per le informazioni, ora mi è chiaro l'effetto che un PH inadeguato provoca sul fisico dei pesci, se ho ben capito è come se un essere umano con carnagione molto chiara fosse costretto a stare parecchie ore al giorno sotto al sole, cosa che invece non danneggerebbe un nero, il concetto è questo giusto ?

Il KH puo' considerarsi invece come un indice di stabilità del PH, ma il fatto che sia alto o basso non ha alcun effetto diretto sui pesci vero ?

Meno chiaro mi è il concetto di durezza dell'acqua, non per il significato tecnico,che, cosi come per gli altri valori, è scritto e ripetuto ovunque; piuttosto per risvolto pratico che hanno:
acuqa troppo dura o troppo tenera che effetto ha su una specie ? rende più difficoltosa la respirazione ? o ha magari effetti sulla pressione ? può essere paragonata alle difficoltà respiratorie che abbiamo noi quando siamo in ambienti troppo ricchi di ossigeno o troppo scarsi ?

In pratica perchè un guppy dovrebbe stare male con GH 3 ed un Discus con durezza 20 ?

phodopus
31-10-05, 04:48 PM
Non è una questione di sole e scottature. E neppure di ossigeno in questo caso.

Le varie speciazioni di pesci si sono adattate ai rispettivi valori dei loro biotopi.. valori dell'acqua nei quali sono in grado di regolare tutti i loro parametrici fisici e i loro equilibri osmotici, compreso quello tra il sangue, le cellule e la salinità del liquido nel quale vivono e che continuamente assorbono. Su questi differenti valori hanno sviluppato metabolismi specifici… metabolismi che gli consentono, ripeto, di autoregolarsi, con una relazione delicata tra espulsione – assunzione dell’acqua e di quello che questa contiene.

L’acqua la assorbono continuamente, ma la sua composizione è assai diversa tra le varie zone... una diversità imporatante quando si tratta di concentrazioni sali (per non parlare della diversità tra acqua dolce e di mare). Quindi i pesci hanno sviluppato processi metabolici e fisiologici idonei a reagire solo ad una precisa densità… sostanzialmente a sopravvivere solo in un determinato ambiente (con eccezione unicamente di pesci eurialini, i quali, chi più chi meno, riescono ad adattarsi a valori completamente diversi, passando addirittura da acqua marina - quindi non solo semplicemente salata ma anche calcarea, molto dura - a quella completamente dolce - quindi pesantemente morbida -, ma sempre con una giusta tempistica e comunque su una scala di valori supportata dalla loro fisiologia).

Riguardo al testo riportato.. l’ho letto velocemente ma una precisazione la devo fare.

Questa frase è particolarmente sbagliata.

la durezza totale (composta da solfati, carbonati e bicarbonati sia di calcio che di magnesio) e la durezza carbonatica o temporanea o parziale (determinata essenzialmente da carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio).

La durezza totale (che non è totale affatto), ovvero il GH, misura unicamente i sali di Calcio e Magnesio. La durezza parziale, il KH, misura carbonati e bicarbonati sì, ma non solo (o essenzialmente come scritto) di Calcio e Magnesio.. anche di Sodio per esempio. Al punto che non è per nulla raro un KH superiore al rispettivo GH.

thor_odt
02-11-05, 08:56 AM
ok chiaro, in pratica non esiste un termine di paragone con noi esseri umani, trattandosi di funzioni biologiche completamente diverse direi.

grazie a tutti :)

thor_odt
02-11-05, 08:56 AM
ok chiaro, in pratica non esiste un termine di paragone con noi esseri umani, trattandosi di funzioni biologiche completamente diverse direi.

grazie a tutti :)