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Visualizza Versione Completa : Boxer (e non solo): invito alla lettura



brutta
22-10-05, 08:51 AM
Un libro sui boxer che suggerisco è "Boxer" di Mario Perricone. Un libro molto ben fatto, non noioso e "illuminante". Un libro specifico su questa razza che merita di essere conosciuta a fondo attraverso la sua storia.

Suggerisco inoltre alcuni libri che non sono specifici sui boxer ma molto utili per apprendere il mondo canino; il primo è "Capire il linguaggio dei cani" di Stanley Coren. Coren è professore di psicologia e studioso del comportamento canino, il libro è molto bello, sembra più un romanzo che una serie di esperienze fatte coi cani, ma indubbiamente utilissimo e affascinante. Ci insegna a parlare coi cani, ma anche a capirli e saperli ascoltare. (Franco Muzzio Editore € 16)
"la psicologia del cane - stress, ansia, aggressività..." di Claude Bèata (Erikson € 16), l'autrice, veterinaria e zoopsichiatra affronta in questo libro 7 casi in cui 7 cani manifestavano disagi inviando segnali che non venivano capiti dai proprietari. Il primo capitolo affronta l'argomento coprofagia (mangiare le feci) che spesso abbiamo affrontato anche noi (purtroppo!!!!!).
"l'arte di addestrare il cane (ma anche il marito, i figli, la suocera e, volendo, i vicini di casa)" Karen Pryor (edizioni eraora € 16) è un simpatico, divertente ma anche tanto utile libro su come addestrare il cane rafforzando i gli aspetti positivi, fondamentale in cani come i boxer sempre allegri e solari che se maltrattati diventano insicuri e tristi, snaturati.

masutti elisa
22-10-05, 09:27 AM
Grazie..;)[:X]

framac
22-10-05, 03:49 PM
Citazione:Messaggio inserito da brutta

Un libro sui boxer che suggerisco è "Boxer" di Mario Perricone. Un libro molto ben fatto, non noioso e "illuminante". Un libro specifico su questa razza che merita di essere conosciuta a fondo attraverso la sua storia.




l'ho cercato ma non l'ho trovato...si trova su internet?

framac
22-10-05, 03:49 PM
Citazione:Messaggio inserito da brutta

Un libro sui boxer che suggerisco è "Boxer" di Mario Perricone. Un libro molto ben fatto, non noioso e "illuminante". Un libro specifico su questa razza che merita di essere conosciuta a fondo attraverso la sua storia.




l'ho cercato ma non l'ho trovato...si trova su internet?

Giordi
22-10-05, 06:10 PM
E' un po' vecchio e non credo che si trovi facilmente.
In alternativa, cerca quello di Bonetti, edito dalla Olimpia.
Oppure, i tre di Bosi -in primis "Incontri con il Boxer"- editi dalla Gir 8: è difficile trovarli ma puoi chiedere a questo indirizzo:
Gir 8 Industrie Grafiche Srl Tipografia Litografia Editoria
20141 Milano (MI) - Via Sibari, 15
02 5392342

Giordi
22-10-05, 06:10 PM
E' un po' vecchio e non credo che si trovi facilmente.
In alternativa, cerca quello di Bonetti, edito dalla Olimpia.
Oppure, i tre di Bosi -in primis "Incontri con il Boxer"- editi dalla Gir 8: è difficile trovarli ma puoi chiedere a questo indirizzo:
Gir 8 Industrie Grafiche Srl Tipografia Litografia Editoria
20141 Milano (MI) - Via Sibari, 15
02 5392342

framac
22-10-05, 06:24 PM
grazie giordi,lunedì chiamo;)

framac
22-10-05, 06:24 PM
grazie giordi,lunedì chiamo;)

KYCE
23-10-05, 08:17 PM
io suggerisco "la vita segreta dei cani" e "la vita sociale dei cani" di Elizabeth Marshall Thomas. Sono due libri da leggere in quest'ordine e a mio avviso splendidi, anche se alcune affermazione nn le condivido, ma sn davvero poke!!!

sono libri per chiunque voglia capire in quale modo i cani si adattano a vivere con gli esseri umani!

vi leggo la "trama"...insomma quello che c'è scritto dietro al secondo, perchè il primo nn lo trovo al momento:

"nella vita segreta dei cani Elizabeth ci aveva accompagnato alla ricerca di un mondo affascinante e sorprendente in cui i cani desideravano, più di ogni altra cosa, stare coi propri simili, condividerne i comportamenti e obbedire alle leggi del branco. in questo libro, invece, muovendo dalle proprie esperienze (come nel primo d'altro canto) l'autrice descrive la vita che i nostri amici a quattro zampe accettano di condurre con i "padroni" umani, adattandosi ai loro usi e costumi e abituandosi alla convivenza con cani di altre razze e animali di altre specie. Così sotto i nostri occhi, si svolge, ricca di episodi divertenti, la vita della famiglia allargata di Elizabeth e del marito Steve, composta da cani, gatti e pappagalli. E la Marshall Thomas si rivela, ancora una volta, insuperabile nel cogliere l'intelligenza e le innumerevoli doti dei cani, nonchè la profondità dei sentimenti che li legano ai loro simili e padroni."

che ve ne pare?!?!

io ve li consiglio con tutto il cuore ci sn dei passaggi davvero commoventi, ed è stato grazie a questi libri che mi sn convinta a prendere maya!!!perchè due, tre o quattro è davvero meglio di uno!!!;):D

Vico
05-11-05, 02:47 PM
Io suggerisco:
- Una Vita con i Boxer di Friederun Stockmann (Editrice Nettunia)
- LUPI TRAVESTITI
Le origini biologiche del cane domestico di Barbara Gallicchio (Edizioni Cinque)
e anche uno splendido cammeo letterario quale il racconto Alba e Franco tratto da "Il bosco degli urogalli" di M.Rigoni Stern (Einaudi)

Vico
05-11-05, 03:02 PM
Inoltre consiglio la lettura di questo articolo:

UN PARENTE AL GUINZAGLIO
di Danilo Mainardi
(Da “Il Sole 24 Ore” –Domenica 13 Luglio 2003.- n. 190 – pag.31)
Amicizie Particolari
Il rapporto cane-padrone da Omero a Thomas Mann, fino alle degenerazioni consumistiche.

Cani e padroni: si può tornare indietro di quindicimila anni, perché da allora dura quest'alleanza. E si tratta di un tragitto raccontato da un'infinità di testimonianze letterarie, storiche, naturalistiche.

Dai primi lupi addomesticati da cacciatori-raccoglitori, di cui ci parlano gli antropologi, al vecchio Argo di Ulisse, ai tanti cani che accompagnarono la vita e le cacce di Federico II, a quelli di Luigi XIV. II Re Sole voleva nutrirli personalmente, dormivano con lui.

E poi non si può non ricordare il cane "da pollaio" che Thomas Mann ha raccontato in Cane e padrone, secondo Lorenz la più bella descrizione dell'animo canino. E c'è il Flush, stesso nome per cane e racconto, di Virginia Woolf, c'è la segugia Perla di Renato Fucini (Le veglie di Neri). Ce ne sarebbero tantissimi altri. Ebbene, ciò che si scopre è che sempre viene descritta, pur nel variare dei tempi e degli stili di vita, la medesima alleanza, quasi una simbiosi mutualistica.

Ma veniamo all'oggi, ai nostri cani. Dobbiamo infatti considerare, e sono tristi notizie, ciò che sta succedendo ai cani-oggetto di questa nostra età consumistica e stolta. È sufficiente, per farlo, un solo riferimento letterario: il personaggio canino Rorò, descritto da Marco Lodoli in Cani e lupi. Rorò è un bassotto che, poveretto, è costretto a muoversi sempre in mezzo al cemento, tra i gas di scarico delle automobili, perennemente provvisto di guinzaglio. Lui si ribella e allora, per giunta, gli viene appioppata una museruola.
Ebbene, nella loro pur così amplia parabola temporale i tanti casi ci mostrano che, a dare fondamento al rapporto tra cane e padrone, sempre sussiste un medesimo, immutabile intreccio tra biologia e cultura.

Un patto affettivo suggellato da quell'imprinting esso stesso fenomeno biologico e culturale insieme.
Svisceriamolo, perciò, questo patto e, per far ciò, scelgo le preziose testimonianze di Konrad Lorenz e di Sigmund Freud.

Condividevano, quei geniali studiosi del comportamento, la passione per i chowchow, i leonini cani cinesi. Pochi conoscono il rapporto affettivo che Freud mantenne con quella razza orientale. Ne possedette almeno due, Lun e Jofi, e fu amico di Topsy, il chow della sua allieva Marie Bonaparte, un personaggio, tra l'altro, importante per Freud e per la storia della psicanalisi (ricordo un suo bel saggio su Poe). Importante anche per la storia del chow, perché su tale cane, anzi su Topsy, scrisse un libretto (Topsy: Chow Chow au poil d'or, Parigi 1937) che venne tradotto in tedesco nientemeno che dallo stesso Sigmund insieme con Anna Freud. Ma non è tutto; la chicca anzi è questa: una lettera che Freud spedì a Marie e che riporto per i suoi contenuti, esplicativi della qualità dell'amicizia che può instaurarsi tra un uomo e un cane. «Le ragioni per cui si può in effetti volere bene con tanta singolare intensità a un animale come Topsy (o Jofi) sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai confini difficilmente sopportabili con la civiltà, la bellezza di un'esistenza in sé compiuta. E, nonostante la diversità dello sviluppo organico, il sentimento di un'intima parentela, di un'íncontestabile affinità. Spesso, nel carezzare Jofi, mi sono sorpreso a canticchiare una melodia che io, uomo assolutamente non dotato per la musica, ho riconosciuto essere l'aria dell'amicizia nel Don Giovanni "Voglio che siamo amici"».

Quanto a Lorenz, anch'egli possedette molti chow, per buona parte incrociati con pastori tedeschi. Una vera dinastia; ne cito alcuni: Wolf, Stasi, Pygi, Susi. Nomi che si ripetevano nel tempo entro il lato canino della sua famiglia allargata, come normalmente avviene: per esempio, Wolf II, Pygi II. Erano cani che sempre accompagnavano l'etologo nelle sue passeggiate, nelle sue nuotate nel Danubio.
«... quando ne ho fin sopra i capelli del lavoro intellettuale, quando non ne posso più di dire cose intelligenti e di comportarmi come si deve, quando alla vista di una macchina da scrivere vengo colto da una nausea irresistibile, sintomi questi che compaiono verso la fine dell'anno accademico, io divento un cane tra i cani...».

Così scrive Lorenz in Canicola, il più bel racconto di L’anello di Re Salomone. Lorenz si ritira, con Susi (è di lei che parla nel racconto), dal consorzio umano. Fuggono insieme, liberi, lungo il fiume dalle rive selvagge, nuotano felici l'uno accanto all'altra. Lei caccia topi, lui impigrisce al sole. È l’amicizia allo stato brado, da lupo a lupo. È il perfetto benessere al di sopra dei processi mentali superiori, «come le cinquecento scrofe di Goethe divenute proverbiali». Confesso di non sapere nulla di questo proverbio austriaco, forse tedesco. Credo però di intuire che in qualche modo alluda alle basi naturali su cui si fonda ogni amicizia.
Un'estensione affettiva, spiega l'etologia, del senso di parentela mediato, in questo caso, da quell'imprinting che consente di scavalcare perfino le barriere di specie. Perciò quel cucciolo di lupo che per primo venne adottato, molti millenni fa, da una primitiva famiglia umana, riconobbe in essa la sua famiglia. Perciò nella specie umana scoprì un'estensione della sua stessa specie. E da allora niente è cambiato, una generazione di cani dopo l'altra, un imprinting "allargato" dopo l'altro.

II bello del possedere un cane sta proprio in questo: lui che diventa uno di noi. Che ci comunica, socialissimo com'è, i suoi sentimenti. Che collabora con noi: la guardia alla casa, la guida del gregge. Che, soprattutto, ci ama. Ed è questo che, oggi che ci siamo quasi tutti inurbati, massimamente vogliamo. Non raramente scoprendo in lui, così bisognoso di cure, così dipendente da noi, un eccellente sostituto di quel cucciolo umano sempre più spesso assente.
Questo sembra essere il nuovo ruolo che prepotentemente si fa largo tra le tante potenzialità proprie del comportamento canino. Un sostituto che, oltre tutto, la selezione ha in molte razze, le più adatte allo scopo, infantilizzato. E che amiamo nutrire, coccolare.
Una storia che dà da pensare. Prima di concluderla, però, voglio ricordare un altro elemento che rinforza l'idea, che così bene s'intuisce dalla lettera di Freud, del cane inteso come parente. Il fatto che, sempre più, prendano piede i cimiteri canini. Basta, per scoprire queste "parentele da imprinting", quanto scritto sulle lapidi. Sono pseudomamme, pseudobabbi umani che piangono i loro figlioli pelosi morti anzitempo perché la loro vita, purtroppo, è più breve della nostra.

Byron fu, al proposito, un precursore. Quando morì il suo adorato terranova, fece erigere nell'abbazia di Newstead, in Scozia, un monumento alla sua memoria. Sopra vi stilò questo epitaffio: «In questo luogo / è deposta la spoglia di uno / che fu bello senza vanità forte senza ferocia. / Egli possedeva tutte le virtù / dell'uomo senza i suoi vizi. / E questa lode / che non sarebbe che una mendace adulazione / se di resti umani si trattasse / non è che un giusto omaggio / alla memoria di Boatswain / che nacque a Terranova nel maggio 1801 / e morì a Windsor il 18 novembre 1815».

D'altro canto oggi si prende seriamente in considerazione l'inserimento del cane di casa nello stato di famiglia. E sembrerebbe una buona cosa, anzi la è. Eppure la crescente tendenza all'umanizzazione, peggio ancora quella infantilizzante, da un lato ci fa perdere alcuni dei lati più gradevoli del possedere un cane, dall'altro rende infelice l'animale stesso. Perché un cane è un essere che, se ben cresciuto, è intelligente e responsabile. Sa accompagnarci libero, senza mai combinare guai, allegramente. La protettività dei padroni moderni, invece, soprattutto il limitante guinzaglio, usato sempre e comunque, stanno costruendo cani irresponsabili e iperaggressivi perché, sempre costretti, rimangono incompetenti del mondo. Del come gestire le proprie relazioni sociali; soprattutto. Con cani così, va a finire, stiamo perdendo moltissimo. Per esempio il grande piacere (Lorenz insegna), di andarcene a zonzo con il nostro libero cane. Così come s'è sempre fatto da che mondo è mondo.

Devo confessare che, a dare la botta finale al mio pessimismo sul futuro del nostro rapporto col cane, è stata la recente scoperta della messa in vendita di tapis roulant "per cani che non fanno abbastanza moto". Maledetto consumismo: non erano sufficienti le magliette di strass e le spruzzate di, per loro nauseante, confondente profumo? Poveretti quei cani che, in quest'ottica moderna, "hanno tutto". Sì, perché hanno tutto tranne quello che a loro piace.
Così si distrugge la splendida - per loro, per noi - passeggiata.
Ludica, sociale, esploratoria. I cani costretti a muovere le zampe su un pavimento scorrevole. Senza odori, senza incontri, insomma senza uno straccio di motivazione. E i loro padroni, intanto, guardano la televisione.

brutta
05-11-05, 04:46 PM
Citazione:Messaggio inserito da Vico
Rorò è un bassotto che, poveretto, è costretto a muoversi sempre in mezzo al cemento, tra i gas di scarico delle automobili, perennemente provvisto di guinzaglio. Lui si ribella e allora, per giunta, gli viene appioppata una museruola.
Perché un cane è un essere che, se ben cresciuto, è intelligente e responsabile. Sa accompagnarci libero, senza mai combinare guai, allegramente. La protettività dei padroni moderni, invece, soprattutto il limitante guinzaglio, usato sempre e comunque, stanno costruendo cani irresponsabili e iperaggressivi perché, sempre costretti, rimangono incompetenti del mondo. Del come gestire le proprie relazioni sociali; soprattutto. Con cani così, va a finire, stiamo perdendo moltissimo. Per esempio il grande piacere (Lorenz insegna), di andarcene a zonzo con il nostro libero cane. Così come s'è sempre fatto da che mondo è mondo.


ECCO!!!! LOTTIAMO PER DARE PIU' SPAZIO E LIBERTA' AI NOSTRI CANI!!!! Non scappiamo col cane in braccio o cambiamo strada perchè ne incrociamo un altro! E' vergognoso che "padroni" di cani abbiamo paura, schifo, pregiudizi sugli altri cani! Lasciamoli liberi di crescere responsabili ed equilibrati! Un monumento ci vorrebbe a chi ha scritto questo articolo!

Vico
18-11-05, 07:34 PM
Il Rapporto uomo-animale nella prospettiva
professionale del Veterinario.
Domesticazione- Zootecnia- Prospettive etiche e deontologiche


"Contributo al parere del Comitato Nazionale per la Bioetica su
"Bioetica e scienze veterinarie- Benessere animale e salute umana" 2001" del Dott. Pasqualino Santori

La domesticazione avvenuta con la rivoluzione neolitica, ma forse iniziata decine di migliaia di anni prima, almeno per il cane secondo recenti studi sul DNA mitocondriale, ha creato una distinzione anche dal punto di vista etico tra l’atteggiamento per gli animali domestici di cui si occupa la zootecnia e gli animali selvatici e la natura in generale.

La evoluzione, o meglio la coevoluzione con la specie umana, che ha comportato la domesticazione ha reso più stretti, se non interdipendenti, i rapporti con le specie domesticate al contrario di quanto accade con le specie selvatiche le cui prospettive di vita, in media, trarrebbero un giovamento da minori interazioni con l’uomo e con le sue numerose attività.

La zootecnia è l’insieme delle relazioni produttive o no che si esplicano con gli innumerevoli animali domestici.

Questi, solo in Italia, per avere un ordine di grandezza, sono decine di milioni tra i mammiferi da reddito e centinaia di milioni tra i vertebrati in generale; la componente tradizionalmente considerata da affezione, cioè cani e gatti, conta oltre i 10 milioni di rappresentanti.

La domesticazione è il lungo e laborioso, spesso inconsapevole, talvolta contraddittorio, lavoro che ha portato all’utilizzazione degli animali a fini zootecnici. Questo lavoro è consistito, tra l’altro, dapprima nel perpetuare modificazioni genetiche casuali, ritenute utili per i più vari motivi, e poi nel produrle con le più svariate tecniche .

Da questa attività, attraverso i secoli, sono nate razze capaci di adattarsi a situazioni ambientali sfavorevoli con benefici sia per l’uomo che le allevava sia per il benessere degli stessi animali, ma anche autentiche mostruosità, magari molto “apprezzate” dal punto di vista estetico, come i cani con il naso schiacciato, simpatici forse per alcuni estimatori umani, ma con una costante e penosa difficoltà respiratoria .

L’elencazione di questi interventi che in passato ha richiesto l’opera di più generazioni di zootecnici e che ora potrebbe realizzarsi in pochi anni con l’ingegneria genetica può essere molto lunga vista la varietà determinata sia a fini estetici che produttivistici.

Il giudizio morale sui risultati conseguiti negli anni , seppure variabile nel tempo e nello spazio, non è certamente univoco. Razze canine con la già citata difficoltà respiratoria o con un altissimo rischio di patologie scheletriche sono sempre più diffuse proprio in rapporto alla maggiore ‘’ passione cinofila ‘’. Passione che porta a non scegliere più il meticcio senza valore ma con, probabilmente, una maggiore vicinanza ai caratteri genetici originari della specie. Caratteri, quelli dell’ipotetico cane primordiale, che avrebbero portato ad una minore incidenza di patologie, se non altro perché queste in una situazione di selezione naturale, evidentemente, non sarebbero state positive.

Dal punto di vista delle produzioni, invece, caratteristiche perseguite sono state, per esempio, quelle di bovine incapaci quasi costantemente di partorire senza taglio cesareo a causa della dimensione innaturale delle masse muscolari del vitello oppure eccezionali ‘’cortezze’’ delle zampe per facilitare il rispetto delle recinzioni e per avere in ogni caso un minor scarto di macellazione; interventi di natura genetica comunque spesso inferiori per disagio a quelli effettuati su specie da affezione .

Questi non sono altro che pochissimi esempi tra i tanti che non fanno assolutamente gridare allo scandalo tra molti di coloro che parlano comunemente di benessere animale , tanta è l’abitudine a questa situazione frutto di millenni di storia umana.

Le figure connesse alla zootecnia sono più o meno riscontrabili in tutta la intera umanità visto che è molto difficile individuare gruppi umani non coinvolti con l’uso o il consumo magari inconsapevole , di prodotti di origine animale.

Gli stessi vegetariani più stretti hanno difficoltà a trovare in vendita oggetti con cui gli animali ed i derivati di origine animale non abbiano avuto anche solo casualmente un contatto nella elaborazione.

Per capire le dimensioni del fenomeno bisogna dire che il fatturato della zootecnia italiana più classicamente intesa , cioè quella a fini alimentari , si aggira nell’ordine di grandezza delle decine di migliaia di milioni di euro per triplicarsi considerando poi la trasformazione industriale.

Alcune figure sono, comunque, più strettamente connesse a questo genere di problematiche: allevatori, commercianti, tecnici di vario genere e preparazione, associazioni di consumatori, trasformatori industriali, proprietari di animali da compagnia e professionisti del settore, tra cui i veterinari, hanno un costante contatto ed interesse.

Il veterinario in particolare è una figura chiave in questo panorama per il suo dover operare in scienza e coscienza .

Oltre che essere il principale tecnico delle produzioni e della salute animale questo professionista ha da seguire un codice deontologico che gli impone tra l’altro il rispetto del benessere animale.

Il fatto secondo il quale buona parte della opinione pubblica almeno della società del nord del mondo non veda più gli animali meramente come delle cose, ma come una sorta di persone, comunque con uno status morale largamente indefinito ma non tale da essere riportato ad oggetti, ha creato una serie di problemi tra tutti coloro che operano con gli animali.

Larga parte di queste tematiche sono di carattere etico, ma le ripercussioni delle consapevolezze di questo genere sul piano economico e della ricerca delle innovazioni tecniche sono evidenti e comunque da non sottovalutare da parte di chi opera economicamente nel settore facendo investimenti anche a lungo termine.

Il valore di mercato di una “merce” animale e le scelte zootecniche per produrre tale merce saranno sempre più dipendenti dalle accoglienze sul piano etico del prodotto finale da parte del consumatore.

Se non fosse sufficiente la sola motivazione etica, la commistione di questa con le scelte economiche a lunga scadenza rende pressante la necessità di un chiarimento per la professione veterinaria che, a sua volta, deve fornire delle prestazioni professionali indispensabili ad interi settori zootecnici.

Non si deve pensare che il campo degli animali da compagnia sia meno coinvolto in questo travaglio.

Anche se al di fuori della luce dei riflettori l’allevamento, il trasporto, la vendita dei cuccioli di cane e gatto, per non parlare delle specie esotiche, sono forse sottoposti a brutalità che nel settore degli animali da reddito non si verificano, se non altro per i controlli effettuati dalla vigilanza pubblica su questi ultimi e molto più raramente sui primi.

La stessa convivenza casalinga tra uomo ed animale è talvolta connotata come un continuo maltrattamento, a causa delle scarse conoscenze di fisiologia ed etologia dei non professionali padroni di animali da affezione, magari convinti della funzione salvifica del paternalista ‘’ amore degli animali ‘’privo di conoscenze specifiche e rispetto dei diritti. Fa fede di ciò il costante aumento di patologie comportamentali ,dovute agli stress , sempre più sbrigativamente curate con psicofarmaci.

Il fatto nuovo delle 5 libertà di cui un animale dovrebbe godere (da fame e sete -da disagi -da malattie –da paure –da costrizioni del comportamento), definite dagli etologi negli anni ’60 (con successive elaborazioni), costituisce un indispensabile strumento per l’elaborazione della moderna legislazione anche se, poi, la definizione puntuale dei limiti etici delle attività zootecniche deve essere demandata ad entità in grado di individuare equilibri realisticamente praticabili a tempi brevi.

Comitati di bioetica che possano contribuire ad indicare una condivisione transitoria di alcune decisioni nei termini temporali e locali saranno indispensabili, sia per questa esigenza che per quella a lungo termine di mantenere un contatto costante con il sentire collettivo.

Non si può pensare che una professione da sola al suo interno e senza una forte partecipazione della società civile possa decidere come impostare per il futuro un rapporto interspecifico che si protrae da migliaia di anni in tutti i continenti ed in tutte le culture.

Questi comitati perciò dovranno essere sufficientemente rappresentativi e dotati di una modalità operativa efficace e coerente con le realtà sociali ed economiche del territorio .

Il primo a giovarsi di questa produzione sarà il veterinario supportato così nelle scelte di coscienza , ma lo stesso mondo scientifico potrà avere indicazioni per la ricerca nel campo del benessere.

Un lavoro preparatorio di questo genere può essere il più valido supporto per la revisione del codice deontologico onde immettervi più chiaramente ed in modo più organico la rilevazione ed il perseguimento del benessere animale.

Una volta che la veterinaria venisse fortificata da una più “moderna” deontologia, il veterinario, necessario punto di snodo tra l’umanità e l’animalità nelle realtà quotidiane, potrebbe creare anche nelle più minute circostanze un elemento di educativa problematizzazione.

La figura del veterinario dovrebbe costituire sempre più uno stabile interlocutore con il cliente a cui trasmettere reale rispetto per il benessere animale, combattendo le banalizzazioni antropomorfiche che spesso ne fanno i proprietari di piccoli animali o la brutale trasformazione in “ cose ” che ne fanno gli allevatori più “evoluti” dal punto di vista delle dimensioni aziendali e di certa specializzazione tecnologica.

Un modo per ottenere questo coinvolgimento può essere quello di far entrare sempre più nella pratica professionale quotidiana il cosiddetto “consenso informato” come strumento culturale per costringere alla riflessione il proprietario sulle scelte diagnostiche e terapeutiche sia nei confronti degli animali da affezione che da reddito. Scelte, queste, frutto delle considerazioni morali proprie di ognuno troppo spesso abbandonate alla superficialità, frequentemente riscontrata nelle dichiarazioni di massima.

Su di un altro fronte il veterinario deve poter rivolgersi alla opinione pubblica per fornire delle attente valutazioni su ciò che riguarda le problematiche che comprendono l’allevamento, la produzione industriale, la commercializzazione, la cura e la salvaguardia della salute pubblica.

Non è raro assistere a spettacoli in cui famosi personaggi televisivi forniscono a milioni di spettatori indicazioni su come allevare nutrire e curare piccoli animali di casa dall’alto della loro grande esperienza, dimenticando che malgrado la diversa rilevanza morale queste attività non sono fondamentalmente diverse da un punto di vista tecnico da quelle esercitate sull’uomo e per cui in genere ci si rivolge ad ‘’ esperti ‘’ più qualificati .

Ma sicuramente il caso più eclatante di assenza di una corretta informazione al pubblico si è avuto con il fenomeno BSE .

La doccia scozzese di informazioni talvolta minimizzanti e talvolta drammatizzanti ma quasi mai corrette scientificamente, comprendendo in questa correttezza anche la non certezza delle acquisizioni scientifiche in generale, ha fatto si che la filiera carne bovina subisse un vero e proprio tracollo con tutto quello che ciò comporta di malessere per animali ed umani coinvolti .

In questo caso una figura esperta del settore avrebbe potuto dare informazioni reali e non paternalistiche nell’interpretare il fenomeno, nel valutarne i rischi, nel paragonare la probabilità di questi a quelli corsi nel praticare altre abitudini alimentari o di vita in generale.

Anche a questo riguardo si deve dire che l’autentico rispetto degli animali, delle persone interessate ai loro diritti e di tutte le persone che operano nei più vari settori della zootecnia non può che passare per la acquisizione e la divulgazione di conoscenze specifiche che superino le banalizzazioni e per una seria riflessione morale che coinvolga l’intera Umanità.