Bonsai - Foto tratta da http://avrasyabonsai.com/
La pratica dell'arte del bonsai e nata come frutto Giapponese,ma in realtà
trova la sua origine prima in Cina. Gia ai tempi della dinastia Ming,intorno
al 300 a.c. in diverse regioni dell'impero Cinese venivano creati e allevati
bonsai in stili diversi.
Furono però i Giapponesi a migliorare questa pratica dandole delle regole
precise,e rendendola quindi una forma d'arte. Intorno all'XI secolo, il
buddismo praticato in Cina si diffuse in Giappone, dove, adottato e
modificato,prese il nome di Buddismo Zen. Probabilmente sarà stato questo che
l'avrà fatto entrante nella cultura Giapponese. L'arte del bonsai venne
conosciuta in occidente,quando il Giappone apri le frontiere ai mercanti
stranieri. Cosi i preziosi alberi arrivarono per la prima volta nel 1909 a
Londra, dove ebbe luogo la prima esibizione di bonsai Giapponese del mondo
occidentale.
Cos'è un bonsai ?
Le due parole, ossia bon-sai, letteralmente significano albero in vaso, si
scrivono alla stessa maniera sia in giapponese che in cinese. E furono proprio
i cinesi che per primi iniziarono a coltivare piccoli alberi in vaso, e
successivamente, tra l'XI e il XII secolo, questa pratica si diffuse anche in
Giappone, al punto che oggi i giapponesi sono i maestri indiscussi di questa
pratica, superando gli stessi cinesi che ne furono i creatori. Questo ha dato
origine a due modi di interpretare quest'arte, lo stile cinese che di
preferenza rappresenta paesaggi in vaso a differenza dello stile giapponese
che si identifica nella perfezione del singolo albero.
Arte
Si parla d'arte e a giusta ragione, perché la creazione del bonsai, come
qualsiasi altra forma d'arte che tenti di raffigurare ciò che si osserva in
natura, richiede l'utilizzo di tecniche sia di modellatura che di disegno
quali la prospettiva, la profondità, l'equilibrio, l'armonia ecc.. Ma il
nostro albero è vivo! Questo implica un altro tipo di conoscenza, quella
della fisiologia vegetale. Tale conoscenza ci permette di intervenire al
momento giusto per effettuare gli interventi di modellatura senza che la
pianta ne soffra, ma anzi, che ne ricavi giovamento.
Cosa serve per far vivere un bonsai ?
Per prima cosa bisogna ricordarsi al momento dell'acquisto, ma anche se si è
avuto in regalo questo grazioso alberello, che quello che abbiamo tra le mani
è appunto un albero e non un particolare soprammobile, quindi non lo andremo
a posizionare in un angolo buio della stanza. con l'intento di ravvivarlo, non
lo poggeremo nemmeno su un elettrodomestico o come centro tavolo in sala. Andrà
posizionato in prossimità di una finestra assolata e non più da un metro
dalla stessa, questo perché al nostro occhio sembra che la luce sia
sufficiente ma non è così. Senza la luce non può avvenire la fotosintesi, e
se ciò non avviene, la nostra pianta non sa che farsene di tutte le nostre
attenzioni o sentimenti che abbiamo per lui. Poi dopo la luce ha bisogno di
acqua, e nella giusta misura, deve essere bagnato quando ha bisogno e cioè
quando la terra inizia ad asciugare e possiamo accorgerci di questo tastando
la terra con un dito, ma dopo un po' basterà un'occhiata per capire le
esigenze del nostro bonsai. Occhio agli eccessi, provocheranno marciume
radicale e non ci sarà allora più niente da fare per salvare il nostro
bonsai. Questo di norma accade il primo periodo che ci occupiamo del nostro
nuovo amico, e per fargli capire che gli voliamo bene siamo li ad accudirlo
continuamente annaffiandolo diverse volte al giorno. Questo non giova certo al
nostro albero, anzi è causa di stress per l'albero.
Le troppe cure sono la causa delle malattie.
Non bagnare mai quando il sole picchia sulle foglie, le gocce d'acqua fungono
da lente bruciando le foglie. Anche se il nostro bonsai è da interno, durante
la bella stagione andrà portato all'aperto per dar modo alla chioma di venire
a contatto con aria fresca e la rugiada notturna. Di norma i piccoli bonsai
vanno rinvasati ogni anno, comunque la cosa importante nel rinvaso è quella
di usare terriccio setacciato preferendo quello che rimane nel setaccio, e
scartando quello che passa. Esso risulterà troppo fine dopo alcune innaffiate
si compatterà con il risultato che sarà sempre più difficile bagnare bene
il terreno ed una volta bagnato sarà altrettanto difficile farlo drenare col
rischio di ristagni e conseguente marciume. Un terreno granuloso stimola la
formazione delle radici fini, quelle che servono a noi per avere una crescita
sana ed equilibrata del bonsai, al contrario il terreno compatto provocherà
la crescita fittonante delle radici che si ripercuoterà sulla chioma con
crescite irregolari che faticheremo a tenere sotto controllo. La porosità del
terreno faciliterà anche la circolazione dell'aria evitando il marciume. Per
rimanere piccoli i bonsai non devono "patire la fame" ma anzi
andranno nutriti regolarmente con concimi sia organici che minerali. Al bonsai
servirà certamente lo stesso tipo di alimento che può servire a tutte le
altre piante, ma considerando sempre la grandezza del vaso per calibrare il
dosaggio. Gli elementi chimici primari sono: azoto (N), fosforo (P), potassio
(K), calcio (Ca), zolfo (S) e magnesio (Mg). In quantità minime andranno
assicurati ai nostri bonsai anche elementi quali: ferro (Fe), manganese (Mn),
rame (Cu), boro (B) ecc. Questi sono detti anche microelementi proprio dal
fatto che ne servono quantità molto piccole. Di norma l'apporto di concime è
vantaggioso per le piante ma deve essere dosato nella giusta maniera perché
il risultato di una superconcimazione è la morte del nostro bonsai. Il
periodo per concimare, generalmente inizia alla ripresa vegetativa della
pianta e va sospesa nei mesi di luglio e agosto, per poi riprendere fino alla
stasi vegetativa. Nelle piante a foglia perenne verrà concessa una dose molto
diluita di fertilizzante anche in inverno. All'inizio concimeremo con un
preparato più ricco d'azoto, fino all'arrivo dell'estate, questo aiuterà lo
sviluppo delle parti verdi, poi proseguiremo con un concime più povero
d'azoto e più ricco di fosforo e potassio, questo aiuterà la lignificazione
di nuove crescite e aiuterà la fioritura e la fruttificazione della prossima
stagione. Si raccomanda di bagnare il terreno prima di concimare.
Parliamo della semina
STRATIFICAZIONE
Procedimento consistente nella disposizione a strati dei
semi in substrato costituito da materiale soffice e umido, generalmente
costituito da sabbia, torba, vermiculite o agriperlite ed ha lo scopo
d'interrompere la dormienza. A volte è più pratico mescolare i semi al
substrato, mentre e opportuno stratificare i semi piccoli tra strati di
substrato protetti da lembi di stoffa permeabile per facilitarne il recupero
alla fine del trattamento. La stratificazione si può fare all'aperto oppure
in frigoriferi con temperatura controllata tra + 2 e + 6 C° ed è chiamata
vernalizzazione o stratificazione fredda.
STRATIFICAZIONE DEL SEME SENZA SUBSTRATO
S'immerge il seme in acqua per 24-48 ore e dopo averli sgocciolati, sono
sistemati in sacchetti di plastica e posti in frigorifero, consentendo un
notevole risparmio di spazio.
La stratificazione, quale essa sia, serve per interrompere la dormienza del
seme. Esistono vari tipi di dormienza, dovuti a diverse cause fisiche e/o
fisiologiche che anche in condizioni favorevoli impediscono la germinazione. I
tipi di dormienza sono; ESOGENA, ossia fisica, dovuta all'impermeabilità dei
tugmenti dei semi e s'interrompe con la scarnificazione dei tugmenti esterni,
per favorire l'assorbimento dell'acqua. Chimica; fattori chimici inibenti
presenti nel pericarpo che dovrà essere rimosso per dare inizio alla
germinazione. Meccanica, in altre parole la resistenza del tugmento alla
crescita dell'embrione, quindi il tugmento andrà rimosso. ENDOGENA, ossia
morfologica, sviluppo incompleto dell'embrione e si può intervenire con l'estivazione.
Fisiologica, meccanismi fisiologici di inibizione della germinazione. Leggera,
andrà interrotta con brevi periodi di vernalizzazione, con sostanze
stimolanti della crescita. Intermedia, lunghi periodi di vernalizzazione.
Profonda, vernalizzazione prolungata e morfo-fisiologica andrà trattata con
lunghi trattamenti termici. Tutti questi trattamenti servono al professionista
per aumentare il grado di geminazione ed avere poche perdite di semi. Per noi
amatori che cerchiamo di riprodurre qualche piantina per il nostro hobby,
queste conoscenze possono aiutarci, e gli insuccessi, quando si verificano,
sono dovuti a molti fattori che non dipendono dalla nostra bravura. Dobbiamo
fare molta attenzione alle temperatura perché se essa sale troppo, molti semi
cadono nuovamente in dormienza (esogena) interrompendo la germinazione.
Regole estetiche per realizzare un bonsai
Cosa bisogna ricordare quando iniziamo un bonsai con un nuovo albero? E' vero
che nella realizzazione di un bonsai esistono molte regole da seguire, ma è
anche vero che le regole sono fatte per essere violate. Più che regole, direi
che sono dei princìpi estetici e che, se tenuti presenti durante il lavoro di
realizzazione, migliorano notevolmente l'effetto estetico globale del bonsai.
Un esempio di questo è la regola del primo ramo, cioè il più importante,
deve trovarsi a sinistra o a destra dell'albero, ma si vedono spesso bonsai
dove il primo ramo si trova dietro, o addirittura si trova dopo due piccoli
rami senza pregiudicare affatto la forma estetica finale. Un altro esempio è
quello di bonsai costruiti con un solo ramo, e nonostante ciò esso cattura il
nostro sguardo e la nostra ammirazione. Ma è anche vero che alcuni
accorgimenti rendono il nostro bonsai più attraente e soprattutto più
verosimile e naturale nell'insieme.
L'innesto
L'innesto è una pratica vivaistica molto usata, essa permette la
riproduzione integrale dei caratteri genetici della pianta madre, e sfrutta le
caratteristiche del portainnesto. Il vantaggio maggiore dell'innesto nella
pratica vivaistica oltre a quello di poter riprodurre una serie di piante
tutte identiche, e quello di avere subito una pianta matura e cioè se noi
usiamo una marza fruttifera, avremo la fruttificazione già nel primo anno di
coltivazione e questo è un grande vantaggio se confrontato con il tempo che
occorre con il sistema della semina, dove passano anche dieci anni dalla
semina alla prima fruttificazione. Proviamo ad usare l'innesto per il nostro
hobby, andando a vedere come si può riprodurre una varietà di pino molto
apprezzato per la caratteristica dei suoi aghi, piccoli e lucenti e cioè il
pino a cinque aghi su pino nero. Utilizziamo come portainnesto una piantina di
pino nero nata da seme di circa tre anni , e come marza un germoglio di un
anno, prelevato su un bonsai di pino a 5 aghi . Ora andiamo a tagliare il
porta innesto all'altezza dove desideriamo innestare , il taglio si può
praticare sia vicino alle radici e con un germoglio corto così da ottenere
una ceppaia, o anche ad una distanza di 20 o più centimetri, ottenendo così
in futuro un bonsai con tronco grosso e rugoso, sfruttando la crescita
maggiore del pino nero rispetto al pino bianco. Pratichiamo poi un taglio
verticale e parallelo al tronco, profondo circa 1,5 cm , alla marza
pratichiamo un doppio taglio a forma di cuneo , e dopo aver legato un filo di
rafia alla base del taglio, questo per evitare di far allargare troppo il
taglio stesso, inseriamo la marza . Attenzione perché questo è il momento più
importante per la riuscita del nostro innesto. Dobbiamo far attenzione al
cambio delle due zone vegetali, essi devono combaciare perfettamente e solo
allora leghiamo il tutto. Quindi è il cambio della marza e del portainnesto
che dobbiamo unire e non la corteccia esterna dei due dato che le cortecce non
avranno mai lo stesso spessore. Copriamo il tutto con pasta cicatrizzante o
cera per innesti e alla fine ripariamo l'innesto in serra fredda o in mancanza
si può coprire con un sacchetto del tipo per congelatori, sistema che
preferisco perché il sacchetto mantiene più alta l'umidità intorno alla
marza, favorendo la riuscita del nostro lavoro. Il periodo migliore per questo
tipo d'innesto è nei mesi di gennaio e febbraio, tutti i tentativi che ho
fatto in altre stagioni non hanno avuto buon esito. Per modificare o
correggere i difetti del bonsai, si usa la tecnica della legatura con il filo
metallico. Per questa tecnica si usa filo di tre tipi, e sono: FERRO,
ALLUMINIO e RAME. Ognuno di questi ha delle caratteristiche diverse, con
vantaggi e svantaggi. Il ferro, ha il vantaggio di sostenere bene il ramo, è
poco costoso. Il ferro ha lo svantaggio di ossidarsi molto, e se si cerca di
modificare un ramo quando è molto ossidato, il filo si spezza. L'ossidazione
provoca macchie sia al ramo che al vaso. Essendo duro è un po' difficile da
posizionare. Il rame ha il vantaggio di essere molto duttile una volta cotto,
e si indurisce molto, dopo che è stato collocato sul ramo, tenendolo bene in
posizione. non si spezza quando si modifica la posizione del ramo e si ossida
lentamente. Ha il grosso svantaggio di costare caro e di non essere
riutilizzabile. L'ossidazione produce macchie verdi ed è tossica per la
maggior parte delle piante. L'alluminio è facile da collocare sui rami e si
può riutilizzare una volta sciolto. Non si ossida e quello anodizzato non si
vede sui rami. Quello d'importazione giapponese è caro, e per chi ha molti
bonsai può utilizzare l'alluminio non anodizzato che è molto meno caro, ma
si vede molto sui rami. In genere l'alluminio è più tenero degli altri
metalli ed occorre un diametro maggiore per sostenere lo stesso ramo. Vediamo
ora alcuni accorgimenti per eseguire le legature con qualsiasi tipo di filo.
Il filo andrà avvolto su rami e tronchi, con spire il più regolare possibile
e a 45° circa; ci aiuteremo con il pollice che tiene il filo fermo mentre
facciamo la spira successiva . Il diametro da applicare non deve essere troppo
grosso rispetto al ramo e non deve essere stretto troppo, pur essendo bene
accostato non deve deformare il ramo creando delle strozzature (Dis.2), in
questa scelta ci aiuterà molto la nostra esperienza. Non lasciare foglie e
rametti sotto il filo. Usare due fili piuttosto che uno solo grosso, senza
farli accavallare e il secondo filo si potrà utilizzare poi per un ramo
secondario. Legando un ramo dalla base alla cima, verranno usati diametri
sempre più piccoli. Le spire troppo ravvicinate producono un effetto a molla
e tornano in dietro senza trattenere il ramo. Per ancorare il filo si può
doppiarlo sullo stesso ramo. Per legare il tronco ancoriamo il filo nel
terreno e posteriormente al fronte. Per abbassare un ramo, il filo passerà
sopra, tra il ramo ed il tronco sulla ascella superiore.
Scheda realizzata da Marco Finco