sandy
28-01-04, 02:59 PM
Torturati a morte per una scatoletta:
il "modello sperimentale intraspecifico"
e la vivisezione in veterinaria.
"L'alimentazione animale è il lavoro della nostra vita, ma non rappresenta che uno dei fattori che contribuiscono al benessere di un animale da compagnia. È per questo che abbiamo costruito la Paul F Iams Technical Care Facility. È la casa di un gruppo di cani e gatti che ci aiutano a comprendere le esigenze fisiche e psicologiche degli animali d'affezione. I cani e i gatti che vi sono ospitati vengono trattati con il massimo rispetto. Proprio come gli animali che teniamo in casa, vengono chiamati per nome e hanno qualcuno che li cura e gioca con loro ogni giorno. [...] Finanziamo anche ricerche al di fuori dei nostri centri. I finanziamenti della Iams sostengono studi sulla nutrizione, la dermatologia , la geriatria, le disfunzioni renali, le allergie e molto altro."
Sono affermazioni tratte dal sito della Iams (www.iams.com/aboutiams/aboutrd.html), una delle più importanti tra le aziende che producono cibo per animali (è loro tra l'altro anche la linea Eukanuba). Ma quello che il sito non dice è che dal 1991 al 2000 la Iams ha eseguito direttamente o finanziato esperimenti raccapriccianti su almeno 460 cani e gatti.
I dettagli degli esperimenti, sepolti in riviste specialistiche diffuse solo tra i professionisti, sono stati portati alla luce dal gruppo animalista inglese Uncaged (http://www.uncaged.co.uk; la pagina sulla Iams è http://www.uncaged.co.uk/iams.htm), che è riuscito ad interessare al caso uno dei più diffusi quotidiani popolari britannici, il Sunday Express, che il 27 maggio 2001 ha pubblicato in prima pagina un articolo ("PET FOOD CRUELTY EXPOSED - Cats and dogs suffered in experiments for top brand": Smascherata crudeltà nel cibo per animali - una grande marca tortura cani e gatti per esperimenti ) in cui vengono descritti i seguenti esperimenti.
A 24 giovani cani venne asportato il rene destro e gravemente danneggiato il sinistro per determinare l'effetto delle proteine in cani con disfunzioni renali; l'intervento ebbe come effetto quello di ridurre la funzionalità renale a 1/8 di quella normale. La riduzione della funzionalità renale negli animali, come nell'uomo, è fonte di sofferenze atroci: se i reni non funzionano a dovere le tossine che dovrebbero essere eliminate attraverso le urine finiscono in circolo; questo avvelenamento del sangue causa depressione, vomito, convulsioni, ulcere alla bocca, perdita dell'appetito, sete insaziabile e infine la morte. I cani vennero divisi in due gruppi e studiati rispettivamente per 7 e 14 mesi; i loro sintomi non vennero alleviati in alcun modo per non interferire con i risultati dell'esperimento.
Gli stomaci di 28 gatte di età tra i due e i cinque anni vennero esposti durante un intervento chirurgico della durata di due ore per studiare l'effetto di un'alimentazione ricca di fibre. Dopo l'esperimento le gatte vennero uccise.
24 gatte vennero sterilizzate e poi ipernutrite per ottanta giorni fino a renderle obese; appena non ingrassavano più vennero sottoposte a una dieta rigidissima che fece loro perdere un terzo del peso corporeo. Durante lo studio vennero sottoposte a tre biopsie epatiche; infine vennero uccise per esaminare il fegato nel tentativo di dimostrare un nesso tra la perdita di peso e le disfunzioni epatiche.
A 14 cuccioli di husky vennero ripetutamente somministrati, sia per via sottocutanea che tramite iniezioni nella parete dello stomaco, vaccini e altre sostanze allergeniche per verificare la gravità delle reazioni allergiche. Non sorprendentemente, i cuccioli manifestarono prurito, lesioni cutanee e gonfiori.
A 12 husky, 12 barboncini e 12 labrador vennero inflitte ferite sul petto per verificare l'influenza della dieta sulla ricrescita del pelo. L'esperimento venne giustificato con questa considerazione: "i cani sono piacevoli da toccare e da guardare. I cani con problemi al mantello non vengono accarezzati quanto gli altri".
18 cuccioli di danese vennero alimentati con due diverse diete; a diciotto mesi di età le ossa delle loro zampe destre anteriore e posteriore vennero esposte e poi sforzate fino a spezzarle. Esperimenti simili furono eseguiti su maiali.
Questo elenco di orrori potrebbe continuare molto a lungo, ma è forse più utile esporre alcune considerazioni di principio.
La ricerca clinica sulle disfunzioni renali ed epatiche è ovviamente importantissima per la salute degli animali. Ma allo stesso modo in cui per gli esseri umani non può essere considerata lecita una ricerca che non sia effettuata: 1) in condizioni di assoluta necessità per il paziente sul quale si effettua, 2) nel rispetto dei dovuti limiti etici, ovvero nel rispetto del soggetto su cui si sperimenta, 3) con il suo consenso informato, allo stesso modo vanno rispettati per l'animale non umano che non è in grado di esprimere il suo consenso, inderogabilmente almeno i primi due punti. Alla Iams sarebbe stato sufficiente contattare i proprietari di animali affetti dalle patologie che la interessavano e coinvolgere medici e pazienti in un programma di ricerca condotto nel rispetto della salute e dell'integrità fisica degli animali: la base dati sarebbe stata molto più ampia, e i risultati ottenuti molto più attendibili.
Infatti, prescindendo completamente da considerazioni etiche, la creazione di "modelli sperimentali" per qualsiasi patologia è un'operazione scientificamente insensata. Un cane giovane e in ottima salute a cui venga asportato un rene e tre quarti non diventa con questo un buon modello delle disfunzioni renali nel cane, per il semplice fatto che la disfunzione renale vera discende da altre cause, che hanno un effetto anche sul resto dell'organismo, e inoltre, prima ancora di venir diagnosticata, ha già cominciato ad esercitare un'azione sistemica sulla funzionalità dei più vari organi e apparati; questo insieme di effetti, che costituisce la vera malattia, non ha paralleli nel "modello sperimentale", per cui anche le cure che eventualmente si dimostrassero in grado di migliorare le condizioni dei cani con lesioni renali indotte chirurgicamente non danno alcuna garanzia di essere applicabili ad esseri della stessa specie affetti da disfunzioni di origine organica.
Non è superfluo a questo punto ricordare che le attuali linee guida che disciplinano la sperimentazione clinica sull'uomo sono state introdotte in conseguenza degli esperimenti condotti nei lager nazisti, esperimenti che, pur se effettuati nella più completa libertà, non hanno fornito alla scienza medica alcun risultato utilizzabile. Un esempio particolarmente grottesco degli assurdi a cui può portare la mentalità del modello animale "intraspecifico" si trova nella prefazione di uno dei migliori trattati sulla rianimazione cardiopolmonare veterinaria: l'autore fa riferimento a dati ottenuti in due modi: dai pazienti messi in rianimazione nella sua grande clinica per animali da compagnia e dagli animali della stessa specie sottoposti a rianimazione a scopo sperimentale, e osserva con sorpresa che mentre nel primo gruppo la percentuale di successi è molto bassa, il secondo presenta un quadro decisamente più confortante. Evidentemente il luminare in questione non arriva a rendersi conto che un animale malato portato in clinica d'urgenza per un ultimo disperato tentativo di prolungargli la vita non ha niente in comune con il tipico animale da esperimento, giovane e in ottima salute, in grado di sopravvivere anche alle procedure più atrocemente traumatiche.
Questo quadro generale, non coinvolge soltanto gli esperimenti della Iams ma tutto l'establishment medico-veterinario. Cosa possiamo fare noi?
<img src=faccine/108.gif border=0 align=middle>
il "modello sperimentale intraspecifico"
e la vivisezione in veterinaria.
"L'alimentazione animale è il lavoro della nostra vita, ma non rappresenta che uno dei fattori che contribuiscono al benessere di un animale da compagnia. È per questo che abbiamo costruito la Paul F Iams Technical Care Facility. È la casa di un gruppo di cani e gatti che ci aiutano a comprendere le esigenze fisiche e psicologiche degli animali d'affezione. I cani e i gatti che vi sono ospitati vengono trattati con il massimo rispetto. Proprio come gli animali che teniamo in casa, vengono chiamati per nome e hanno qualcuno che li cura e gioca con loro ogni giorno. [...] Finanziamo anche ricerche al di fuori dei nostri centri. I finanziamenti della Iams sostengono studi sulla nutrizione, la dermatologia , la geriatria, le disfunzioni renali, le allergie e molto altro."
Sono affermazioni tratte dal sito della Iams (www.iams.com/aboutiams/aboutrd.html), una delle più importanti tra le aziende che producono cibo per animali (è loro tra l'altro anche la linea Eukanuba). Ma quello che il sito non dice è che dal 1991 al 2000 la Iams ha eseguito direttamente o finanziato esperimenti raccapriccianti su almeno 460 cani e gatti.
I dettagli degli esperimenti, sepolti in riviste specialistiche diffuse solo tra i professionisti, sono stati portati alla luce dal gruppo animalista inglese Uncaged (http://www.uncaged.co.uk; la pagina sulla Iams è http://www.uncaged.co.uk/iams.htm), che è riuscito ad interessare al caso uno dei più diffusi quotidiani popolari britannici, il Sunday Express, che il 27 maggio 2001 ha pubblicato in prima pagina un articolo ("PET FOOD CRUELTY EXPOSED - Cats and dogs suffered in experiments for top brand": Smascherata crudeltà nel cibo per animali - una grande marca tortura cani e gatti per esperimenti ) in cui vengono descritti i seguenti esperimenti.
A 24 giovani cani venne asportato il rene destro e gravemente danneggiato il sinistro per determinare l'effetto delle proteine in cani con disfunzioni renali; l'intervento ebbe come effetto quello di ridurre la funzionalità renale a 1/8 di quella normale. La riduzione della funzionalità renale negli animali, come nell'uomo, è fonte di sofferenze atroci: se i reni non funzionano a dovere le tossine che dovrebbero essere eliminate attraverso le urine finiscono in circolo; questo avvelenamento del sangue causa depressione, vomito, convulsioni, ulcere alla bocca, perdita dell'appetito, sete insaziabile e infine la morte. I cani vennero divisi in due gruppi e studiati rispettivamente per 7 e 14 mesi; i loro sintomi non vennero alleviati in alcun modo per non interferire con i risultati dell'esperimento.
Gli stomaci di 28 gatte di età tra i due e i cinque anni vennero esposti durante un intervento chirurgico della durata di due ore per studiare l'effetto di un'alimentazione ricca di fibre. Dopo l'esperimento le gatte vennero uccise.
24 gatte vennero sterilizzate e poi ipernutrite per ottanta giorni fino a renderle obese; appena non ingrassavano più vennero sottoposte a una dieta rigidissima che fece loro perdere un terzo del peso corporeo. Durante lo studio vennero sottoposte a tre biopsie epatiche; infine vennero uccise per esaminare il fegato nel tentativo di dimostrare un nesso tra la perdita di peso e le disfunzioni epatiche.
A 14 cuccioli di husky vennero ripetutamente somministrati, sia per via sottocutanea che tramite iniezioni nella parete dello stomaco, vaccini e altre sostanze allergeniche per verificare la gravità delle reazioni allergiche. Non sorprendentemente, i cuccioli manifestarono prurito, lesioni cutanee e gonfiori.
A 12 husky, 12 barboncini e 12 labrador vennero inflitte ferite sul petto per verificare l'influenza della dieta sulla ricrescita del pelo. L'esperimento venne giustificato con questa considerazione: "i cani sono piacevoli da toccare e da guardare. I cani con problemi al mantello non vengono accarezzati quanto gli altri".
18 cuccioli di danese vennero alimentati con due diverse diete; a diciotto mesi di età le ossa delle loro zampe destre anteriore e posteriore vennero esposte e poi sforzate fino a spezzarle. Esperimenti simili furono eseguiti su maiali.
Questo elenco di orrori potrebbe continuare molto a lungo, ma è forse più utile esporre alcune considerazioni di principio.
La ricerca clinica sulle disfunzioni renali ed epatiche è ovviamente importantissima per la salute degli animali. Ma allo stesso modo in cui per gli esseri umani non può essere considerata lecita una ricerca che non sia effettuata: 1) in condizioni di assoluta necessità per il paziente sul quale si effettua, 2) nel rispetto dei dovuti limiti etici, ovvero nel rispetto del soggetto su cui si sperimenta, 3) con il suo consenso informato, allo stesso modo vanno rispettati per l'animale non umano che non è in grado di esprimere il suo consenso, inderogabilmente almeno i primi due punti. Alla Iams sarebbe stato sufficiente contattare i proprietari di animali affetti dalle patologie che la interessavano e coinvolgere medici e pazienti in un programma di ricerca condotto nel rispetto della salute e dell'integrità fisica degli animali: la base dati sarebbe stata molto più ampia, e i risultati ottenuti molto più attendibili.
Infatti, prescindendo completamente da considerazioni etiche, la creazione di "modelli sperimentali" per qualsiasi patologia è un'operazione scientificamente insensata. Un cane giovane e in ottima salute a cui venga asportato un rene e tre quarti non diventa con questo un buon modello delle disfunzioni renali nel cane, per il semplice fatto che la disfunzione renale vera discende da altre cause, che hanno un effetto anche sul resto dell'organismo, e inoltre, prima ancora di venir diagnosticata, ha già cominciato ad esercitare un'azione sistemica sulla funzionalità dei più vari organi e apparati; questo insieme di effetti, che costituisce la vera malattia, non ha paralleli nel "modello sperimentale", per cui anche le cure che eventualmente si dimostrassero in grado di migliorare le condizioni dei cani con lesioni renali indotte chirurgicamente non danno alcuna garanzia di essere applicabili ad esseri della stessa specie affetti da disfunzioni di origine organica.
Non è superfluo a questo punto ricordare che le attuali linee guida che disciplinano la sperimentazione clinica sull'uomo sono state introdotte in conseguenza degli esperimenti condotti nei lager nazisti, esperimenti che, pur se effettuati nella più completa libertà, non hanno fornito alla scienza medica alcun risultato utilizzabile. Un esempio particolarmente grottesco degli assurdi a cui può portare la mentalità del modello animale "intraspecifico" si trova nella prefazione di uno dei migliori trattati sulla rianimazione cardiopolmonare veterinaria: l'autore fa riferimento a dati ottenuti in due modi: dai pazienti messi in rianimazione nella sua grande clinica per animali da compagnia e dagli animali della stessa specie sottoposti a rianimazione a scopo sperimentale, e osserva con sorpresa che mentre nel primo gruppo la percentuale di successi è molto bassa, il secondo presenta un quadro decisamente più confortante. Evidentemente il luminare in questione non arriva a rendersi conto che un animale malato portato in clinica d'urgenza per un ultimo disperato tentativo di prolungargli la vita non ha niente in comune con il tipico animale da esperimento, giovane e in ottima salute, in grado di sopravvivere anche alle procedure più atrocemente traumatiche.
Questo quadro generale, non coinvolge soltanto gli esperimenti della Iams ma tutto l'establishment medico-veterinario. Cosa possiamo fare noi?
<img src=faccine/108.gif border=0 align=middle>